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Il dottor Battista e il digiuno2020-03-31T10:21:49+02:00

Il dottor Battista e il digiuno

Dicembre 2007

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Quando si parla del Comitato Nazionale per la Bioetica c’è sempre qualcuno che finisce col dichiarare che il conflitto (anzi, il “presunto conflitto”) tra laici e cattolici si deve considerare superato, obsoleto e antistorico. Ne debbo dedurre che le dichiarazioni del papa sulla ricerca scientifica, sulla laicità, sulle altre religioni e i suoi continui richiami alla verità (unica e, naturalmente, sua), le sue ripetute interferenze con la vita politica di questo (nostro, non suo) paese, i suoi “non possumus”, tutto quello che ci ammannisce quotidianamente nel silenzio beota della nostra classe politica, dobbiamo interpretarlo come una laica e affettuosa offerta di pace e di mediazione, l’invito a percorrere insieme il cammino della vita. Ma per favore!

Nel CNB lo scontro tra laici e cattolici c’è sempre stato e gli scontri recenti dei quali si è letto sui giornali (ma nessuno legge l’Avvenire?) ne sono prova concreta. Ne riferirò brevemente, riservando il resto dell’articolo a una breve analisi delle prove che attendono il Comitato nei prossimi mesi.

Come è noto il Comitato ha un nuovo Presidente, il professor Casavola, che è certamente uomo di notevoli meriti ma inesperto dei problemi della bioetica italiana. Questa scarsa frequentazione dei conflitti tra laici e cattolici lo ha indotto a fare alcune scelte (o a commettere alcuni errori, dipende dal punto di vista), che hanno suscitato lo stupore di alcuni di noi. Per tre volte consecutive Casavola ha scelto un cattolico per compiti importanti e delicati: ad esempio ha indicato il professor Dallapiccola come membro della commissione che ha preparato le linee guida della legge 40 sulla fecondazione assistita: ora, il prof. Dallapiccola è anche, per caso, presidente di scienza e vita e si è battuto come un leone per il fallimento del referendum, cosa che non fa di lui, dal punto di vista di un laico, il consulente ideale, per un incarico tanto delicato. La lettera che abbiamo mandato al Presidente gli chiedeva ragione di queste scelte, non voleva essere né offensiva né malevola, esprimeva le nostre perplessità. Da questo momento è successo di tutto e se debbo trovare una spiegazione per una serie tanto inattesa di reazioni esagerate la indico in una crisi di ipersensibilità generale con tendenza alla cronicizzazione. E’ intervenuto persino Prodi, che ho scoperto essere un uomo di cattivo carattere, che come reazione alla lettera che avevamo scritto Corbellini, Neri ed io, ha “licenziato” i tre ignari e inconsapevoli vicepresidenti e li ha sostituiti. Questa decisione non è stata priva di conseguenze (uno dei vicepresidenti dismessi ha fatto un ricorso al Tar, Elena Cattaneo ha dato le dimissioni motivandole con parole molto energiche) e solo l’avvenire dirà se ci saranno altre ripercussioni sul Comitato: al momento sembra prevalere l’intenzione di non infierire sull’Istituzione, ma l’avvenire (con la a minuscola) non è sgombro di nuvole.

Anzitutto c’è il problema, che io considero fondamentale, della definizione del ruolo del Comitato, che sino ad oggi ha svolto un compito prescrittivo, indicando una e solo una soluzione normativa e giungendo a questa definizione con strumenti che ben poco hanno a che fare con i problemi delle scelte morali, come la definizione di maggioranze e minoranze, il voto e la pubblicazione di un documento “vincente”, l’opinione dei perdenti essendo relegata in codicilli di scarsa o nessuna visibilità. Secondo la maggioranza dei laici, che da oltre 15 anni si battono per modificare questa regola, si dovrebbe invece privilegiare un paradigma descrittivo, che parta dal principio che non si possono costruire gerarchie delle varie posizioni morali, che debbono essere invece illustrate e chiarite per dar modo al Parlamento di svolgere il compito che è proprio della politica, cioè mediare e decidere. Il paradigma descrittivo è certamente quello che dà maggior rilievo all’aspetto razionale dell’etica, con il risultato di sostenere una pluralità di valori. Quello che il Comitato deve fare è mostrare come, nella nostra società, su problemi complessi come quelli della bioetica, esistano differenti soluzioni, alcune sostenute da motivazioni razionali, altre francamente inaccettabili: in questo modo il Comitato diverrebbe il luogo autorevole in cui si chiariscono i principali dilemmi bioetici del nostro tempo, senza avere la pretesa di possedere la chiave della verità, una pretesa che del resto non dovrebbe trovare domicilio in un paese laico. Sarebbe comunque una scelta di civiltà, capace di migliorare la comprensione reciproca e il rispetto per le posizioni degli altri. In altri termini, mi pare che siamo di fronte alla possibilità di scegliere tra un precetto e un consiglio: se si sceglie il precetto, bisogna poi giustificare il fatto che il Comitato non è stato eletto e non ha alcun titolo per stabilire ipotetiche verità in nome di maggioranze assolutamente casuali; d’altra parte la prescrittività di un consiglio si affida alla forza della ragione e non ha alcuna necessità di ricorrere al voto per individuare la maggioranza che impone, con un atto di imperio, valori che invece sono destinati a prevalere per libera adesione.

Purtroppo il clima non è favorevole a una discussione pacata. L’etica della verità sta pervadendo tutte le forme dello scibile e ci sono temi, certamente destinati a essere discussi nel Comitato, che vengono trattati in modo talmente supponente, arrogante e superficiale da indurmi al più nero pessimismo. Scelgo, tra i molti possibili, quello che ha riempito di più, nei giorni passati, le pagine dei giornali, quello delle cellule staminali di tipo embrionale ottenute da cellule adulte.

Pierluigi Battista (Corriere della Sera, 3 dicembre) scrive che dai miei scritti “ traspare un tale risentimento, una amarezza così incontenibile … da alimentare il sospetto che quelle ricerche lo abbiano reso orfano di un argomento formidabile da adoperare nella crociata contro la bieca piovra clericale.. “ Il dottor Batttista è digiuno di scienza (lo dice lui stesso) e non si adonterà se mi permetto di correggerlo, perché anche questa volta (c’è un precedente) non ha capito molto (o io mi sono spiegato molto male).
In realtà, molti di noi hanno espresso, su questo tema, le seguenti opinioni (che pregherei il dottor Battista di non deformare, non sta bene):

  • la ricerca dimostra l’importanza fondamentale delle staminali embrionali e perciò ci riempie di soddisfazione;
  • ciò non significa che gli studi sugli embrioni debbano cessare (è anche l’opinione dei due ricercatori, prego controllare);
  • è possibile che le cellule ottenute siano simili ai blastomeri: in questo caso si tratterebbe di embrioni e saremmo da capo a quindici;
  • deve essere ancora affrontato il problema della complicità tra le due linee di ricerca (embrionali e adulte) un problema sul quale abbiamo interpellato inutilmente, almeno sino a questo momento, i teologi;
  • molti ricercatori, in avvenire, sceglieranno la strada più semplice e più utile, e nella scelta non saranno influenzati da aprioristiche interpretazioni relative allo statuto dell’embrione: per molti di noi l’embrione non è una persona e il rispetto che gli si deve è relativo, non lo riguarda direttamente e ha a che fare all’attenzione dovuta alle opinioni altrui;
  • l’allusione al principio di precauzione non mi tocca né da vicino né da lontano: ci sono principi molto più importanti da rispettare, come quello di responsabilità (che riguarda tutti coloro che sono impegnati nella ricerca scientifica).

Al problema che ho appena descritto se ne aggiungeranno altri che il Comitato dovrà trattare, come quello delle terapie intensive destinate ai bambini molto prematuri, e le molte riguardanti la fine della vita. Mi piacerebbe che i giornalisti più prestigiosi non si ricordassero della bioetica solo eccezionalmente e vorrei molto che evitassero di accodarsi al corteo salmodiante dei malati di una fastidiosa sindrome, la lordosi di accettazione, che sta mietendo vittime tra gli uomini politici e, temo, gli uomini di penna. Personalmente, poi, ammetto di essere un anticlericale, ma immagino che questo sia dovuto al fatto che ci sono troppi clericali in giro: non ho invece alcuna simpatia per le crociate, incluse quelle dei laici deferenti.