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Non vietare l’oocita invano2020-03-31T09:42:37+02:00

Non vietare l’oocita invano

Luglio 2007

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Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha faticosamente approvato (16 voti a favore, 9 contrari, 4 astenuti) una mozione di condanna della compravendita di oociti umani, al termine di varie e litigiose riunioni plenarie e di discussioni molto sofferte. Essendo membro del Comitato – uno dei voti contrari è il mio – non discuterò le cose che sono accadute in questi mesi di dibattito perché questa (anche se non so perché) non è la prassi.

Mi corre però l’obbligo di spiegare ai lettori dell’Unità le ragioni per cui un tema apparentemente così semplice (chi non condivide la condanna dell’acquisto di organi umani?) è in realtà diventato motivo di così forti dissensi. Debbo anche una spiegazione a due carissimi amici, Giovanni Berlinguer e Stefano Rodotà. che probabilmente non approveranno il mio voto. E’ del resto evidente che la prima reazione a questo clamoroso insuccesso di chi ha voluto presentare la mozione (tenete conto che i votanti nel CNB sono circa 40, ottenere solo 16 voti su una mozione che assomiglia molto alla condanna, solo per fare un esempio, della pedofilia, e che pertanto doveva essere approvata all’unanimità è praticamente un disastro) non può essere che di sorpresa e di disappunto. E’ dunque necessario che il lettore sappia qualcosa di più sull’argomento, ed è per questo che cercherò di spiegare in modo semplice e schematico (la materia è complessa) su cosa verteva la discussione e le molte ragioni del dissenso.

Gli oociti umani vengono utilizzati dai laboratori medici per due scopi diversi: possono essere dati a una donna che ha esaurito il proprio patrimonio di uova (si può entrare in menopausa a 20 anni) e desidera ugualmente mettere un figlio nelle braccia del proprio compagno; possono essere utilizzate nella ricerca scientifica per produrre embrioni in vitro, un passaggio fondamentale per la produzione di cellule staminali embrionali e per esperimenti di vario genere che hanno a che fare con il trasferimento nucleare e la clonazione cosiddetta terapeutica e che potrebbero rivelarsi in avvenire molto utili per il progresso delle conoscenze in molti settori della medicina.

Molti, e in particolare i cattolici, dissentono sul primo punto perché ritengono che l’introduzione di un patrimonio genetico estraneo possa essere causa di disgregazione della famiglia e comunque offenda la dignità della procreazione; altri, al contrario, ritengono che questo concetto di genitorialità sia almeno medioevale e che non si possa oggi negare che si può essere genitori (l’adozione le conferma) anche con un semplice atto d’amore, quello di una persona che si assume la responsabilità di crescere e di educate un nuovo essere umano. Il problema della ricerca scientifica sugli oociti provoca dissensi ancora maggiori. Per i cattolici la produzione di un embrione in vitro equivale al vilipendio di una persona, di uno di noi; per molti altri (ebrei, musulmani, evangelici, la maggior parte dei laici) questo tipo di personalismo è privo di razionalità, essendo difficile comprendere come un embrione che non ha e non avrà mai alcun rapporto con un grembo di donna possa essere considerato persona, mentre è facile comprendere come sia l’annidamento in utero a creare la relazione tra l’embrione e – attraverso sua madre – l’umanità intera. Posso a questo punto fare una prima osservazione: se fate scrivere una mozione sull’acquisto degli oociti a un cattolico, ad ispirarlo sarà sempre il suo dissenso nei confronti dell’uso che di questi gameti potrà essere fatto e non il problema in sé, e questo apparirà inevitabilmente ben chiaro dal documento.

Una donna può arrivare alla decisione di dare le proprie uova per varie ragioni. In alcuni casi si tratta di un atto oblativo, una scelta basata sulla compassione e sulla solidarietà che riguarda in genere un’altra donna, ma che può essere motivata da differenti ragioni quando il dono viene fatto in favore della scienza. Nei documenti dell’Autorità inglese che ha approvato la donazione di oociti a scopo di ricerca scientifica c’è chiaramente un riferimento a privilegiare le offerte che vengono da donne che hanno ragioni personali (generalmente correlate alla salute di un famigliare) per contribuire al progresso delle ricerche mediche, soprattutto nel campo delle cellule staminali. Altre donne ammettono di voler trarre, da questa scelta, un profitto economico. Altre ancora affermano di essere sollecitate sia dal bisogno di denaro che dalla compassione e dalla solidarietà e fare chiarezza su questi casi è spesso impossibile.

In molti dei Paesi nei quali la cessione degli oociti è ammessa si cerca di evitare che la vendita divenga economicamente interessante limitando il numero complessivo di donazioni, stabilendo compensi per mancato guadagno non particolarmente appetibili e negando ogni tipo di rimborso spese a eventuali donatrici straniere, per evitare che i rimborsi, per bassi che siano, attirino donne dai Paesi più poveri. Alcuni Paesi europei di queste cose si curano poco ed è certo che esistono luoghi nei quali si sta verificando un vero e proprio sfruttamento indecoroso (purtroppo anche da parte di medici italiani) delle donne più povere e bisognose. L’Autorità inglese, l’unica finora a stabilire regole per la donazione a scopo di ricerca scientifica, ha dettato regole molto severe, stabilendo rimborsi per il mancato guadagno piuttosto bassi, proibendo ogni sorta di compenso per la cosiddetta inconveniency (ammessa invece per le donazioni dal Parlamento Europeo), e limitando l’offerto alle donne residenti n Inghilterra.

Stranamente, è stato proprio questo esemplare comportamento dell’Autorità inglese a rappresentare la ragione prima della decisione di scrivere una mozione di critica alla compravendita degli oociti: non ne troverete più traccia nella mozione perché si tratta in verità di una critica insostenibile, badata oltretutto su una errata informazione di un giornale inglese, ma è già stata citata dai giornali cattolici e resta comunque il fatto che nel Comitato si è a lungo discusso della liceità del rimborso spese e della possibilità che esso possa rappresentare un mezzo per far passare un acquisto per una donazione. Vorrei che decidesse il lettore. Una donazione di oociti comporta una lunga serie di esami preliminari, intesi a dimostrare che la donna è sana e non è portatrice di malattie o di difetti genetici che potrebbero rendere inutilizzabili le sue uova; poi, per circa 10 giorni, la donatrice è sottoposta a terapie di stimolo ovarico che, oltre a comportare qualche fastidio soggettivo, richiedono quotidiani controlli strumentali e di laboratorio; tutto ciò culmina con un piccolo atto operatorio – il prelievo degli oociti – che deve essere eseguito in anestesia o in analgesia profonda; si deve anche considerare la possibilità di una iperstimolazione che potrebbe tenere la donna lontana dal lavoro per una o più settimane. Per tutto questo un donna inglese riceve un massimo di 250 sterline (come massimo, le spese debbono essere documentate), che debbono compensarla per non aver potuto lavorare per almeno 15 giorni e per le spese sostenute.

Dunque, lasciar supporre che in realtà una vera e propria donazione di oociti non esista e , a mio avviso, molto scorretto. Oltre tutto i medici italiani hanno una larga esperienza di donazioni vere, fatte ai tempi in cui la legge 40 era ancora solo una oscura minaccia: gli oociti utilizzati per le donazioni erano realmente donati da donne che ne avevano prodotti in eccesso nel corso di trattamenti di stimolo ovarico eseguiti per curare la sterilità e che io sappia – e se non fosse così lo saprei – nessuno ha mai mancato di obbedire a questa regola. Tra l’altro, in Italia si stanno attualmente accumulando oociti congelati che non verranno mai più utilizzati e che saranno distrutti, e il Comitato di Bioetica avrebbe potuto proporre ai laboratori inglesi di utilizzarli, se proprio la sua preoccupazione fosse stata la salute di quelle sventurate donatrici (cosa assolutamente improbabile).

Un altro punto da prendere in esame un po’ meno frettolosamente è la critica sulla vendita di oociti (ma sarebbe la stessa cosa per la vendita di qualsiasi parte del corpo umano). Sono personalmente disponibile a firmare qualsiasi mozione di condanna sull’acquisto di cellule, tessuti e organi, ma ho molte perplessità se mi si chiede di condannare la vendita delle stesse cellule, organi e tessuti. Esistono Paesi, nei quali non esiste alcun tipo di giustizia sociale e che mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa dei cittadini, costretti a vivere in condizioni disumane e talora persino incapaci di assicurare alla propria famiglia il minimo vitale. Sono personalmente incapace di immaginare quali sentimenti possa provare un uomo che veda morire di fame i propri figli, ma collocherei queste sensazioni alla cima di una immaginaria scala delle sofferenze. Ebbene alcuni di questi uomini hanno ritenuto di poter risolvere il loro drammatico problema vendendo un rene – o un occhio, o un litro del proprio sangue – al miglior offerente. Mi chiedo se quello Stato ingiusto, iniquo e indifferente, che non si è mai occupato dei diritti elementari di quell’uomo può arrogarsi, lui, il diritto di proibirgli di disporre del proprio corpo, un atto estremo e doloroso la cui unica alternativa possibile potrebbe essere solo la ribellione.

Ritorno alla mozione. Scrivere un documento di protesta sull’acquisto – ripeto, non sulla vendita – degli oociti è pleonastico, tardivo e inutile, a meno che (e questo è il caso) si voglia processare l’uso che degli oociti viene fatto, cosa che risulta evidente se si pensa al motivo che ha ispirato la protesta, la decisione dell’Autorità inglese. Se un documento doveva essere scritto, doveva essere ben più colto e ben più meditato e, soprattutto, non doveva avere la struttura della mozione. Nel regolamento del CNB di mozioni non se ne parla, e nel giorno in cui questo documento è stato approvato, ironia della sorte, il punto successivo all’ordine del giorno riguardava proprio il modo di inserire le mozioni tra gli strumenti del Comitato. Al termine della mozione troverete scritto che il CNB intende ragionare su questi temi con una apposita commissione che dovrà preparare un documento, il che significa chiaramente che sono state presentate le conclusioni di un lavoro che deve essere ancora iniziato. Insomma un documento surrettizio, che finge di condannare una cosa ma in realtà se la prende con un’altra, inutile, tardivo, incompleto, sbagliato, grossolano e incolto, che fa di ogni erba uno spinello e che condanna a una gran brutta figura il Comitato. Spero che quei voti contrari non vi sembrino più così folli.