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Se la legge fa autogol2020-03-31T10:06:00+02:00

Se la legge fa autogol

Settembre 2007

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La famigerata legge 40, quella che detta le norme in materia di procreazione medicalmente assistita, recita, all’articolo 13, che “la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso e qualora non siano disponibili metodologie alternative”; in altri termini, mai.

Nell’articolo14, quello dunque immediatamente successivo, al punto 5, si legge invece che “i soggetti di cui all’articolo 5 (cioè i genitori) sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero”.

Non vorrei sembrare maleducato, ma mi pare evidente che chi ha scritto questa legge soffra di lunghe pause cognitive, come dimostra la palese incompatibilità tra i due articoli: nell’articolo 13 si nega alle coppie la possibilità di eseguire indagini pre-impiantatorie sui propri embrioni, un divieto del quale l’articolo 14 sembra farsi beffe.

Provo a spiegare questo punto, a totale beneficio della senatrice Binetti. La norma riconosce alle coppie il diritto di essere informate sulla salute degli embrioni prodotti: non dice ootidi, zigoti, blastocisti, dice embrioni. Ora, mentre per sapere se un ootide è normale può anche bastare (entro precisi limiti, ma non voglio complicare il discorso) l’analisi al microscopio, quella consentita dalla legge (ci sono tre pronuclei invece di due? Buttiamo via tutto o ci metteremo nei guai) l’unico modo per conoscere le condizioni di salute di un embrione è l’analisi genetica. Capisco che una parte dei cattolici non voglia ammettere l’esistenza dell’ootide, ma l’idea piace al cardinale Martini e questo mi basta. Che poi il Vaticano abbia il diritto di correggere i termini della biologia e lo eserciti al punto di costringere i suoi più illustri genetisti a cambiare idea sul significato delle parole mi può anche andar bene, purché si conceda ai biologi laici un analogo diritto di critica in materia di esegesi biblica. Se vuoi che un’amicizia si mantenga ……

Dunque, ad avviso di molti, la legge 40 ammette la diagnosi genetica pre-impiantatoria e non solo per la ragione che ho citato. Esiste ad esempio un problema di congruità pragmatica: una donna che si vede rifiutare questo accertamento avrà poi modo di eseguire le stesse indagini, in gravidanza, sul feto e di decidere di interrompere la gravidanza se lo scoprirà malato, spero che a nessuno sfugga la crudeltà inutile del primo diniego. Inoltre in queste circostanza è certamente a rischio la salute psicologica della donna e vorrei ricordare che una sentenza della Consulta di circa trent’anni or sono afferma che deve essere privilegiata la salute e l’interesse di chi è già persona nei confronti di chi persona deve ancora diventare.

Nel 2005 una coppia di coniugi di Quartu Sant’Elena portatrice di una comune anomalia genetica (l’anemia mediterranea) aveva fatto ricorso contro il divieto di eseguire una diagnosi pre-impiantatoria con istanza d’urgenza presentata al Tribunale di Cagliari. Il magistrato aveva passato gli atti alla Consulta, la quale aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità perché non posta correttamente. Ricordo il commento del professor Emilio Dolcini, ordinario di diritto penale nell’Università di Milano, il quale aveva interpretato la sentenza come una sorta di incitamento a ripresentare il ricorso presso un tribunale ordinario, cosa che è poi stata regolarmente fatta. Per quanto posso capire, il giudice ha ritenuto di dover privilegiare il diritto della donna alla salute e all’informazione sulle condizioni di salute del nascituro, anche e soprattutto alla luce dei principi costituzionali che ho appena citato. Scelta, a mio avviso, logica, razionale e piena di buon senso.

Mi attendevo le solite convulsioni cattoliche, ma debbo confessare che chi mi dà le maggiori soddisfazioni è, come sempre, Paola Binetti, la quale chiama in causa la dichiarazione di inammissibilità della Corte Costituzionale del 2005, della quale non ha evidentemente capito una parola. Ho per la senatrice Binetti una forte simpatia personale (mia moglie lo sa) e, se continua a darmi queste soddisfazioni, non vedo come potrò evitare di chiederle di farmi entrare nel suo nuovo partito.

Molti mi chiedono come si potrà andare avanti a partire da questa piccola vittoria. Anzitutto credo che il tempo dei ricorsi non sia ancora terminato e mi auguro che prima o poi si porti al magistrato – ma in termini più corretti di quelli usati in passato – la questione dell’ootide, l’oocita fecondato nel quale non si è ancora formato un genoma unico e che la legge tedesca, la legge svizzera e un grande numero di teologi cattolici considera “fase pre-zigotica e perciò pre-embrionale”. Bisogna però trovare un sinonimo di ootide, termine in molti sensi non grato ai cattolici: nel sito di Verità e Vita, nella parte dedicata all’ “antilingua” il povero ootide figura come “ootite (sic)”, che potrebbe aver a che fare con il mal d’orecchi. Una volta questi si chiamavano auto-gol.

In secondo luogo deve diventare chiaro a tutti che una donna ha il diritto di rifiutare il trasferimento di tre embrioni e che a seguito di questo rifiuto il medico non può che congelare l’embrione o gli embrioni che la donna non ha voluto accogliere nel proprio grembo. In tempi lunghi, mi sembra che la soluzione più logica sia quella di tornare a proporre ai cittadini italiani la solita domanda: ma proprio la volete una legge così stupida e così ingiusta?

In tempi brevi, poco da fare: mi sembra che continui a prevalere l’ormai cronico atteggiamento di rispettosa e modesta rassegnazione che la maggior parte dei parlamentari ha deciso di assumere quando deve confrontarsi, anche da grande distanza, con un qualsiasi rappresentante del Vaticano, Guardie Svizzere incluse. E non mi pare che il Ministero della Salute possa attualmente essere considerato un tempio della laicità, considerate le recenti proposte di adozione per la nascita e i peana in onore di chi accetta un figlio malformato, che alle mie orecchie suonano come sgradevoli e inattese condanne a chi ha invece deciso diversamente e che, perbacco, meriterebbe un po’ più di rispetto. Perché, vedete compagni, se vogliamo che il Paese possa respirare la pulita e trasparente aria della laicità bisogna che i nostri attuali politici passino tutti (o quasi tutti) a miglior vita. No, non sto affatto pensando a una epidemia, mi auguro solo che divengano tutti così ricchi da decidere collettivamente di trasferirsi nelle Hawai, dove sembra – dico sembra, non ho prove concrete – che la vita sia senz’altro migliore.