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Testamento biologico – I furbetti delle parole: giocare con i termini per negare nuovi diritti2020-03-31T15:26:55+02:00

Testamento biologico

I furbetti delle parole: giocare con i termini per negare nuovi diritti

Maggio 2011

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C’è chi afferma (scherzando?) che la bioetica, con le mosche e i professori universitari, è una prova indiretta dell’inesistenza di Dio, un ente supremo che non potrebbe perdere il suo tempo nella creazione di cose, persone ed enti inutili.

La cosa non mi convince per niente:in realtà la bioetica  (che è, tra le altre cose, un contenitore dei diritti e delle libertà dei cittadini) è utilissima a chi vuole legiferare, almeno nel nostro Paese, tenendo conto unicamente della visione etica del mondo che ci viene ammannita dalla Chiesa Cattolica, in spregio alla laicità dello stato e ad altre simili sciocchezze.

Come i nostri parlamentari – la maggior parte dei quali non crede nemmeno nel radicchio – vengano ripagati per questo vergognoso comportamento lo sappiamo tutti, la sopravvivenza della Chiesa cattolica nel nostro Paese è almeno in parte legata alla possibilità di gestire un notevole numero di voti e di poter garantire cose di non poco conto come la supremazia e il potere politico. Deve trattarsi di un patto realmente scellerato, visto il supporto che eminenti esponenti vaticani hanno recentemente fornito alle case di tolleranza private. Per poter garantire questo contributo la Bioetica ha dovuto piegarsi a qualche disonesto compromesso ed è stata così brava che nessuno se ne è accorto.

Prima di tutto ha scelto di essere “normativa”, tradendo così la sua fondamentale natura, che è quella di essere “descrittiva”. Pensate per un momento (di più non è conveniente) al Comitato Nazionale di Bioetica e ai suoi documenti: secondo logica e buon senso dovrebbe esaminare i problemi etici proposti dalla ricerca scientifica in campo biologico e dalla medicina per chiarirli a tutti (cittadini e parlamentari) e per consentire alla politica di proporre mediazioni rispettose di tutte le posizioni morali compatibili con i principi e i diritti di un Paese laico e democratico, come fanno tutti i Paesi civili; invece si esprime a maggioranza (sempre, rigorosamente cattolica) e toglie le castagne dal fuoco ai nostri legislatori indicando a tutti, come unica soluzione dei problemi, la via più gradita oltre Tevere. Naturalmente deve ricorrere, per poter mentire senza essere contraddetta, ad una sorta di antilingua, che si sovrappone alla terminologia medica e scientifica e la sostituisce, un’operazione che mi sembra opportuno  spiegare.

Biologia e medicina, almeno per gran parte delle loro attività e conoscenze, sono discipline empiriche, non hanno niente a che fare con le cosiddette “verità scientifiche”. La medicina, dal canto suo, vive soprattutto di consensi, cioè dei pareri formulati dai suoi esperti, ai quali è affidata anche la facoltà di formulare le definizioni. I consensi sono verità parziali e temporanee, spesso destinate ad essere sostituite in tempi brevi, ma finché esistono sono la nostra unica verità, chi non l’accetta sceglie di vivere in un mondo strampalato e vagamente disonesto. Solo alcuni esempi, per chiarire meglio questo concetto.

“Eterologo” in biologia significa “frutto della relazione tra soggetti di due specie diverse”. Se io avessi un rapporto imprudente con una ornitorinca, il termine sarebbe appropriato; applicato a donazioni tra soggetti appartenenti alla stessa specie, no. Perché forzare il significato del termine? Semplice, per sovrapporre al concetto di donazione di gameti un elemento bestiale; poi, l’esemplare ignoranza dei nostri parlamentari fa il resto.

Ancora: “Infertilità” non significa “sterilità” ma incapacità di produrre una progenie sana e capace di sopravvivere. La parola è stata artatamente inserita nella legge 40 per creare confusione. La gravidanza inizia quando è terminato l’impianto dell’embrione (definizione dell’OMS). Il termine embrione non significa niente, va precisato, altrimenti non si capisce se il riferimento riguarda oociti attivati o penetrati, ootidi, zigoti, morule, blastocisti, gastrule e così via. La pillola del giorno dopo non è “abortigena”, lo sappiamo con certezza da almeno due anni, cioè da quando il Karolinska Institutet di Stoccolma ha dimostrato, con una sperimentazione diretta, che il levonorgestrel non impedisce gli impianti in utero. Ne consegue che non c’è più spazio per futili argomentazioni per giustificare il “principio di precauzione”, ma malgrado ciò i farmacisti chiedono di poter fare obiezione di coscienza, e presto la stessa richiesta verrà dagli ortolani, che sono costretti a vendere il prezzemolo (da cui si ottiene l’apiolo, questo veramente abortigeno).

Ma, mi chiederete, non accade mai che differenti gruppi di studiosi, che magari si sono riuniti ad insaputa gli uni degli altri, abbiano partorito “consensi” contrastanti tra loro? Ebbene sì, anche se molto raramente: ma in questi casi le differenze vengono messe a confronto e analizzate e non si usa più il termine “consenso” fino a che il problema è stato chiarito. E comunque, alla resa dei conti, il parere che conta è sempre quello dell’Autorità di grado più elevato che è stata chiamata in causa, quasi sempre l’OMS, altrettanto spesso le Società scientifiche competenti.

E veniamo ai problemi della fine della vita e del testamento biologico,oggi particolarmente importanti per via della vergognosa proposta di legge che il Parlamento intende approvare in tempi brevi. Sappiamo tutti che la nostra Costituzione ci consente di rifiutare le cure e che questo rifiuto non può essere disatteso. Cosa si inventa allora il Magistero cattolico per scipparci anche questo diritto? Sceglie una nuova e personale definizione e dichiara che il cosiddetto sostentamento ordinario di base, la nutrizione e l’alimentazione artificiali, non rappresentano né un atto medico né un possibile accanimento terapeutico, e che interromperle configura, da un punto di vista umano e simbolico, un crudele atto di abbandono del malato, illecito sia moralmente che giuridicamente. E’ chiaro che se accettassimo questa “originale” definizione, l’alimentazione artificiale non potrebbe far parte delle “cure” che la Costituzione ci consente di rifiutare e dovremmo accettare la possibilità che qualche tipo di “sollecitudine affettuosa” venisse ad inquinare la nostra povera dignità di morenti.

Poiché non sono mai stato molto impressionato dalla competenza scientifica dei teologi (non molto superiore a quella dei parlamentari) sono andato a cercare la definizione che ha dato, del “sostentamento ordinario” la Società italiana di nutrizione artificiale. Eccola:“La miscela nutrizionale è da ritenere un preparato farmaceutico che deve essere richiesto con una ricetta medica e deve essere considerato una preparazione galenica magistrale….Si tratta comunque di un trattamento medico a tutti gli effetti che prevede il consenso informato del malato o del suo rappresentante e che deve essere considerato un trattamento sostitutivo vicariante”.

Potete andare tranquillamente a cercare nei documenti delle Società scientifiche degli altri Paesi europei, la definizione è sempre la stessa. Non si tratta dunque di “cibo e acqua”, come scrivono i bioeticisti cattolici e idratare un morente non equivale a “procurare acqua e cibo alle persone che non sono in grado di procurarselo in modo autonomo”. Questo linguaggio così evocativo e emotivamente coinvolgente del quale molti documenti cattolici sono intessuti è finalizzato a sostenere la tesi del “forte significato umano, simbolico e sociale di sollecitudine per l’altro rivestito dalla somministrazione artificiale di “pane e acqua”. Mi dicono che si tratta di concezioni etiche che sono divenute parte della coscienza giuridica complessiva , capisaldi pregiuridici che non possono essere ignorati dal legislatore laico. A mio avviso è un tentativo di giustificare l’ennesima scelta di uno stato “laico” di privilegiare principi sostenuti da una specifica fede religiosa. Insomma, mentre io mi batto per il “diritto di avere diritti”, c’è chi si impegna perché su questo diritto io non possa contare, nemmeno in punto di morte.
Carlo Flamigni

Il primo maggio – non sono sicuro al cento per cento della data perché ho ricevuto l’articolo dal Comitato di Bioetica, potrebbe anche essere del giorno prima – Avvenire ha pubblicato questo breve scritto di Pier Giorgio Liverani, che contesta quanto avevo pubblicato sull’Unità qualche tempo prima. Avvenire è un giornale particolare, penso che faccia parte della stampa ringhiosa, tipo libero, o il Giornale, vetriolo invece di inchiostro, poche chiacchiere e molti insulti, cani da guardia di padroni solo apparentemente diversi. Avvenire ha anche il problema del confronto con l’Osservatore Romano, altra pasta, più argomenti, meno cattiverie e insulti, probabilmente giornalisti migliori e più avveduti. Ma chi non ha bisogno di cani da guardia, oggi? Di Liverani, invece, so poco, ma va bene così, non sono curioso. Adesso leggete il suo commento al mio articolo, poi ne riparliamo.

Di Pier Giorgio Liverani
A 33 anni dalla legge 194, che l’ha codificata, il professor Carlo Flamigni scopre ora (l’Unità, 26 aprile) l’ “antilingua”, fatta – lui dice – di parole cui si “deve ricorrere per poter mentire senza essere contraddetto”. Noi le chiamiamo “parole dette per non dire quello che si ha paura di dire”.

Per esempio: Ivg, contraccezione di emergenza, prodotto del concepimento…Flamigni, però, ha preso un boomerang: le sue osservazioni hanno per titolo ‘Testamento biologico’, che lui propugna, ma che è pura antilingua: testamento, infatti, è l’ “atto con cui alcuno dispone per quando avrà cessato di vivere”; e biologico indica riferimento alla “scienza che studia i fenomeni della vita e le leggi che li governano” (Palazzi). Che c’entrano con la volontà di essere lasciato o fatto morire, che vale per quando si è ancora in vita? Di questa sua antilingua e dalla Legge 40 cita, per esempio: “Eterologo (che) in biologia significa frutto della relazione tra soggetti di due specie diverse”. Posso condividere, a patto che lo si modifichi in ‘adulterologo’. E poi “Infertile (che) non significa sterilità, ma incapacità di produrre una progenie sana” e invece è il contrario di fertile, fecondo, fruttuoso (De Mauro). E ancora: “Gravidanza (che) inizia quando è terminato l’impianto dell’embrione, definizione dell’Oms” e che, invece tutti i dizionari linguistici e medici dicono che comincia con il concepimento. Come si sa, l’Oms riconosce i ‘diritti’ di aborto, alla salute riproduttiva e le relative pratiche e fa ciò che le pare, però – lo scrive proprio Flamigni -: “Embrione non significa niente se non si precisa: oociti attivati, ootidi, zigoti, morule, blastocisti, gastrule e così via”. Considerazione finale: “Non sono mai stato molto impressionato dalla competenza scientifica dei teologi”. E io da quella etica di certi scienziati.

Non penso proprio che Liverani sia uno stupido, anzi, se mi piacessero i giornalisti d’assalto, lo apprezzerei (anche se è spesso poco educato).

Nella fattispecie, però, deve aver letto l’articolo con superficialità, o conoscere poco il problema. Il suo riferimento al testamento biologico, ad esempio, non ha niente a che fare con il mio argomento, che riguarda il diritto degli esperti a dare le definizioni. Testamento biologico è termine usato in politica e in bioetica, non è un termine medico, io mi adatto all’uso che ne fanno politici e bioeticisti.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica, in un documento del 2003, aveva tentato di suggerire una definizione diversa (dichiarazioni anticipate di trattamento) che non ha avuto fortuna, ma non aveva mancato al suo compito divulgativo elencando i molti termini utilizzati sinora (testamento di vita, testamento per la vita, biocard, dichiarazioni anticipate di volontà, procura sanitaria, carta di autodeterminazione, e altre ancora) Queste numerose definizioni hanno tuttora valore in molti Paesi, e anche se comprendo le ragioni per le quali Liverani preferirebbe scegliere“ testamento anticlericale”, secondo l’opinione prevalente dovrebbero essere tutte rispettate.

Dunque, se a Liverani il nome non va bene, mi può persino trovare d’accordo, ma non se la prenda con me: questa definizione non spetta alla medicina e alla biologia, se la vedano i giuristi.  Detto questo, il resto dell’articolo – per fortuna molto breve – ha significati oscuri. Le definizioni alle quali ho fatto riferimento sono ufficiali, e del resto non mi pare che Liverani le contesti. Si limita in effetti a un riferimento sbagliato (la definizione di gravidanza, per un medico, non può essere che quella proposta dall’OMS e non è vero che ne esistano altre prevalenti, la sua è quella ufficiale del mondo cattolico, vale solo per il mondo cattolico, non ha niente a che fare con la medicina e con la scienza). E in ogni caso Liverani dovrà ammettere che il Vaticano deve essere dotato di una fervida fantasia quando propone le definizioni, perché se una gravidanza comincia con il concepimento, la provetta nella quale si è prodotta una fecondazione assistita è gravida e ha diritto al congedo parentale.

Quanto alla definizione di sterile e di infertile, temo che non abbia proprio capito, si tratta di due cose diverse, non a caso i medici che hanno preparato la legge 40 hanno utilizzato entrambi i termini per rendere accessibili le tecniche anche a quelli che ne venivano apparentemente esclusi. Sul fatto che “embrione” sia una parola priva di un significato specifico (lo stesso di fecondazione, che indica una serie di processi che si susseguono senza intervalli significativi) siamo tutti d’accordo, non riesco a capire cosa voglia dire Liverani con il suo riferimento.

Infine, nella considerazione finale, l’inevitabile villania, il marchio di fabbrica dell’autore, immagino che se non insulta non ritiene di aver compiuto a fondo il suo dovere di giornalista cattolico: io non ho alcuna competenza etica. E’ possibile, non sta a me giudicare. Mi viene però un dubbio: non è che tutto si limita al fatto che abbiamo, su molte cose, idee diverse? E se fosse così, non le potremmo confrontare e discutere? È proprio necessario arrivare così rapidamente agli insulti? Non esistono luoghi dove persone moralmente estranee possono cercare mediazioni? E  mi permetta una cattiveria finale (me ne dice tante lei!): si è mai chiesto perché non le permettono di scrivere sull’Osservatore Romano?