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Educazione sessuale2020-03-31T16:45:04+02:00

Educazione sessuale

Aprile 2013

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Su quello che un bambino di otto anni sa di come è venuto al mondo, sui rapporti sessuali, persino sulle perversioni sessuali, c’è una intera letteratura amena, che sembra ispirarsi sempre alla stessa considerazione critica, esposta con aria tra il divertito e il rassegnato: i bambini ne sanno quanto e più di noi, vedono la televisione, sanno come evitare il parental control, vanno su internet e leggono (e questo sarebbe il male minore) libracci pieni di oscenità. La conclusione di tutte queste storie è piuttosto vaga, da un lato sembra che inviti gli adulti a stare lontano da conversazioni hard con i ragazzi, dall’altro deplora questa acquisizione delle conoscenze e sembra invocare un intervento dei tecnici e degli esperti a riempire lacune e a raddrizzare nozioni imprecise.

Cercherò di fare un confronto tra quello che la sessualità infantile e adolescenziale ispirava a medici e a educatori nel 700 e nel 900 con quello che ci racconta una rapida analisi della realtà attuale, lasciando a voi il compito di trarre le conclusioni.

Anche se in molti Paesi europei le pratiche sessuali non intese a favorire il processo procreativo non erano proibite, né erano punite da leggi specifiche, la società le considerava moralmente inaccettabili. Su di esse, dunque, si esercitava una forte azione repressiva soprattutto da parte della polizia e dei medici, che si sentivano giustificati dall’esistenza di norme non scritte, ma avallate da un largo consenso popolare. Naturalmente queste norme potevano vantare anche precisi riferimenti alle regole morali imposte dalla religione, regole prevalentemente molto severe quando venivano chiamati in causa i comportamenti sessuali cosiddetti disordinati. Le Chiese, e non solo dunque quella Cattolica, avevano trovato modo di intervenire direttamente  su questi problemi e lo avevano fatto  soprattutto fino alla seconda metà del XVIII secolo, utilizzando, come strumenti fondamentali, i tribunali dell’Inquisizione; in seguito erano stati possibili anche interventi indiretti, eseguiti prevalentemente attraverso le “leghe per la moralità” che, con differenti appellativi, si erano formate in varie parti d’Europa. E’ bene ricordare che nel XVIII e nel XIX secolo erano considerate indecenti e immorali tutte le attività sessuali che avevano luogo al di fuori del matrimonio, ed erano ugualmente considerate peccati mortali e perciò degni di sanzione, all’interno del matrimonio, la cosiddetta “frode coniugale” (cioè l’emissione di sperma fuori della vagina) e la sodomia. Per chi si rendeva colpevole di questi atti infamanti esisteva una sorta di gogna sociale ed è straordinario il numero di persone che lasciavano trasparire le proprie abitudini sessuali atipiche e per questo venivano indicate al disprezzo della gente; facevano naturalmente eccezione, tranne casi di particolare stupidità dei colpevoli, le persone appartenenti alla nobiltà e il clero.

La vera novità di quei tempi, però riguardava il coinvolgimento dei medici, che avevano cominciato a ragionare di perversioni sessuali, a classificarle come malattie della mente, a pubblicare, su di loro, testi sempre più verisimili; inoltre, forse con sorpresa, avevano cominciato a trovare relazioni tra i vari comportamenti aberranti e la comparsa di un gran numero di malattie, spesso associate a lesioni, gravissime, talora mortali, del tessuto nervoso. Si tratta di una progressiva medicalizzazione di un problema che prima era stato considerato sempre e soltanto morale, una novità nella quale si percepisce l’intervento del clero e di quella parte della società che si pone generalmente al servizio della religione: porterà l’analisi dei comportamenti sessuali cosiddetti devianti all’attenzione dei neurologi e di qui, trascorsi molti anni, nel grembo di una nuova specializzazione medica, la sessuologia. Potrei fare qualche commento sull’attuale  stupefacente tolleranza del clero in materia di comportamenti sessuali aberranti, ma mi sembrerebbe di sparare sulla mafia, non serve a niente, non lo farò. E in ogni caso tutto ciò ci porta lontano dal nostro tema.

Quando si arriva a tentare un’analisi di questo problema, quasi tutti gli studiosi prendono ad esempio la Francia, un Paese il cui comportamento e le cui scelte venivano prese a esempio da gran parte dei Paesi europei. In effetti, è praticamente impossibile tentare un’analisi di quello che sta accadendo contemporaneamente in Italia, per la presenza di molti, differenti Stati e per la peculiarità di uno dei più prestigiosi tra essi, quello pontificio. Stiamo anche ragionando di un’epoca che non ha quasi più paura dell’Inquisizione e che ha visto l’Europa frazionarsi per l’avvento di religioni diverse da quella fino ad allora imperante.

Dopo la rivoluzione, la Francia ha deciso che la legge non ha alcun diritto di intrufolarsi a curiosare nelle camere da letto per verificare cosa sta accadendo tra persone maggiorenni e consenzienti. Non è così ovunque: la Germania, ad esempio, ha scelto di controllare questi comportamenti e di punirli penalmente, se si rivelano illeciti, anche se non ledono i diritti di terzi.

Non è una scelta particolarmente strana: nel mondo esistono molti Stati che hanno approvato legislazioni omofobe o che ritengono di poter regolare la vita sessuale delle coppie legittimamente costituite.

Nelle condizioni che ho descritto (persone adulte, consenzienti, che fanno sesso in privato) non esiste però la possibilità di evidenziare un reato, a meno che la camera da letto non sia affacciata sulla piazza e che la finestra della stessa camera non sia spalancata. La masturbazione è ancor meno a rischio, per la sua natura solitaria, perché ha carattere personale e segreto, si fa sotto le coperte e perché chi si masturba generalmente se ne vergogna. Ma nemmeno questo povero e miserabile amore solitario riesce a sfuggire completamente alla persecuzione e all’accanimento dei preti e dei medici che scelgono come bersagli i bambini e gli adolescenti. Scrive Thomas Laquer (Le sexe en solitaire: contribution a l’histoire naturelle de la sexualité, Gallimard, Paris, 2005) che in una Francia preoccupata per il suo apparentemente inadeguato sviluppo demografico, ci furono brave persone che chiesero alla polizia di organizzare interventi a sorpresa nelle scuole per assicurarsi che gli studenti mantenessero il proprio corpo in forma per le esigenze dello stato e non si attardassero troppo nei gabinetti.

Nel corso del XVIII e del XIX secolo la masturbazione maschile finisce con l’essere dichiarata responsabile di quasi tutte le malattie inspiegabili – e sono tante – delle quali soffre la gente comune.Questa attività segreta, nella quale tutti sono prima o poi coinvolti, ma che nessuno vuole ammettere, è – forse è meglio dire era – secondo la morale comune, un crimine ripugnante e contro natura, che oltretutto diminuisce le capacità intellettuali, insidia la forza di volontà e indebolisce l’organismo, producendo turbamenti psico-affettivi che potrebbero determinare un grave deperimento e persino la morte. Lo dice – e ne parleremo diffusamente – un famoso medico svizzero, Samuel Auguste Tissot, che la paragona al vaiolo e si propone “ d’arrêter les ramage d’une maladie meurtrière”. Tissot cita, tra le possibili complicazioni dell’onanismo, emiplegie, tumori, paralisi generali, cecità, sordità, delirio. Così medici, moralisti e preti si trovano subito d’accordo a dichiarare guerra a quello che Jean-Jacques Rousseau chiamava “le dangereux supplement” e che nei libri di medicina (e più tardi in quelli di psicopatologia sessuale) viene indicato come principale fattore etiologico di un gran numero di malattie mentali e sessuali.

I bravi medici pensano sempre prima alla prevenzione che alla cura e per i giovani maschi la prevenzione è prontamente indicata nella circoncisione, che qualche volta viene preceduta da mezzi meno cruenti, come il bendaggio dei genitali e la legatura delle mani durante il sonno, ma che molto spesso viene indicata come prima opzione. Come vedremo a proposito della masturbazione femminile anche per le ragazze si immaginano metodi preventivi, che utilizzano spesso la chirurgia, inducendo mutilazioni simili a quelle che vengono abitualmente provocate nelle bambine dell’Africa sub-sahariana e del sud – est asiatico.

Alcuni moralisti, intanto, hanno cominciato a scrivere libri su una nuova malattia che si sta diffondendo soprattutto tra le donne, che per molti aspetti è simile a quella determinata dall’onanismo cronico, e che con quest’ultimo sembra collegata da un rapporto di causa-effetto, chi soffre del primo morbo finisce più facilmente col farsi contagiare dal secondo. La malattia, che i moralisti chiamano “peste” e “epidemia”, è il risultato di un  eccessivo, patologico impegno nella lettura e soprattutto nella lettura dei romanzi.

Ho speso qualche tempo a cercare quando questa particolare interpretazione patologica della lettura sia cominciata e non sono riuscito a trovare niente che preceda un testo di Charles Porée (1675-1741), gesuita, poeta ed educatore, che scrisse nel 1736 una aspra critica dei romanzi (De Libris qui vulgo dicuntur romanenses o Discours sur les romans, Paris, Bordelet, 1936) critica alla quale si aggiunge una vera e propria condanna all’impegno smodato nella lettura. Ma tutto il XVIII secolo è ricco di testi di questo genere, uno degli ultimi essendo stato scritto da Johann Georg Heinzmann nel 1795 ( Appel an meine Nation; über die Pest der deutschen Literatur ).

L’impegno profano nella lettura e in una ricerca empirica, frettolosa e incontrollata della conoscenza, vengono dunque percepite come una epidemia sociale che è bene curare nei tempi più brevi possibili. Ma in fondo i medici non fanno che fornire una versione laicista dell’antica denuncia dei preti, che era stata al centro del dibattito sulla moralità del romanzo: la Chiesa cattolica ha assistito, prima con un po’ di sorpresa, poi con una certa rabbia, alla progressiva scomparsa di un apprezzabile interesse intorno agli unici libri che ritiene degni di lettura, quelli sulla vita dei santi. Le lettrici, che un tempo amavano abbeverarsi alla sacralità di questi testi, ora sognano avventure romantiche dedicandosi a una lettura che prenderà il nome di “sospesa”, subendo il potere e il fascino di libri che producono in loro una sorta di estasi che, purtroppo, non ha più niente di mistico. E’ questa estasi e sono le sue conseguenze che attirano l’interesse dei medici, chiamati a pronunciarsi su reazioni somato-psichiche che sono considerate da tempo erba del loro giardino: di elementi spirituali ormai non se ne vedono proprio più, lo spazio per l’intervento dei religiosi, ammesso che esista ancora, è diventato molto angusto.

E’ giunto il momento di parlare del medico che più di ogni altro ha lasciato una traccia personale sui problemi dei quali stiamo ragionando, il già citato Samuel Auguste Tissot (1728-1787), nato a Losanna ma vissuto in molte parti d’Europa, medico famosissimo che ebbe come pazienti il re di Polonia e l’elettore di Hannover.

 Ma la ragione più importante per la quale è ricordato è la stesura di un importante testo sulla masturbazione (L’onanisme. Dissertation sur les maladies produites par la masturbation, 1760) e di un trattato sulle conseguenze patologiche di un esercizio intellettuale troppo a lungo sostenuto ( De la santé des gens de lettres, 1768). Il primo di questi testi, quello sull’onanismo, ha avuto 63 edizioni tra il 1760 e il 1905 ed è stato tradotto in numerose lingue. Ne possiedo un esemplare (prima edizione italiana del 1771, “L’onanismo, o sia saggio intorno alle malattie cagionate dall’abominevole vizio della polluzione”, stampato a Venezia da Antonio Graziosi).

Tracce di quanto Tissot scriveva sul suo libro sono pervenute fino ai nostri giorni. Il mio insegnante di religione associava la masturbazione (maschile, quella femminile era argomento tabù persino per i moralisti) alla cecità e io e i miei compagni di scuola arrivammo ad immaginare un futuro nel quale le uniche persone a vederci normalmente erano le nostre compagne di scuola. In realtà, come vedremo, Tissot riteneva che la masturbazione fosse un dramma inevitabile per le giovani donne e soltanto possibile per i giovani uomini.

Nelle prime pagine del suo libro Tissot ci spiega che, sì, il testo è dedicato soprattutto all’onanismo maschile, ma che “sarebbe egli un trattare non compiutamente l’argomento se non si ammonisse anche il bel sesso, che correndo la stessa carriera è agli stessi pericoli esposto”. Perché, ci avverte, le donne si abbandonano a questa lussuria con frequenza del tutto particolare e ne rimangono vittime, tirandosi addosso tutti i mali che occorrono agli uomini e anche molto di peggio. E poi Tissot, con grande efficacia, e con altrettanta semplicità, ci rivela il suo reale pensiero, la convinzione che sarà causa di sbigottimento e di preoccupazione per un gran numero di persone, genitori, educatori, medici, moralisti, sacerdoti: pare anzi – dice – “che il male faccia più forza alle donne che agli uomini”, perché le donne sono più esposte degli uomini agli isterismi e ai vapori, alle itterizie incurabili, a crudeli convulsioni di stomaco e di dorso, a forti dolori di naso, a perdite di umor bianco, la cui cronicità è fonte continua di dolori per l’utero. Inoltre le donne vanno soggette a prolassi, a ulcere della matrice, ad allungamenti della clitoride e a furori uterini “fino a che una morte disperata dai dolori e dall’infamia le coglie”. Tissot cita un libro di Hoffmann, “De aetate coniugio opportuna”, nel quale è scritto che abbandonarsi ai piaceri di Venere prima di aver smesso di crescere può far dimagrire e addirittura può far impicciolire il corpo.

 “Oltre alla polluzione, cioè allo spargimento di seme che la fanciulla si procura con le proprie mani, avviene un’altra, che chiamar si potrebbe clitoridianna, di cui l’origine, per quel che si sa monta fino alla feconda Saffo:  “ e su morbidi giacigli delicatamente placavi il desiderio”.  Tissot, dopo queste precisazioni finge di continuare ma si ferma subito, l’argomento – quello degli amori saffici – è particolarmente scabroso: “Si è veduto sovente delle femmine amar delle donzelle con tanto ardore, come degli uomini più appassionati e concepir altresì la gelosia più viva contro coloro che paressero avere alcuna affezione per esse. Ma egli è tempo di por fine a’ miei racconti. Io mi annoio a descrivere l’oscena sporcheria e le miserie dell’umanità”. E con questa commendevole giustificazione Tissot riprende il suo discorso più propriamente fisio-patologico e passa a descrivere l’importanza e il ruolo del cosiddetto liquore femminile e le ragioni per le quali un eccessivo spargimento di questo liquido possa produrre così grandi mali. Dunque Tissot, alla fine di un testo pieno di fatti e di riferimenti clinici molto ben descritti, fa alcune importanti affermazioni: scrive che le donne che si masturbano corrono rischi molto gravi, molto più gravi di quelli corsi dai loro emuli di sesso maschile, e ciò per la loro natura, che è più fragile e delicata; scrive che le conseguenze sono tanto severe che possono persino essere fatali; afferma che molti di questi disturbi sono di natura nervosa, riguardano l’intelligenza, la memoria, possono condurre all’isteria e al furore uterino, possono far ammalare gravemente gli organi di senso.

Il problema è che chi scrive è lo stesso Samuel-Auguste Tissot, che nel 1768 pubblicherà un libro intitolato “De la santé des gens de lettres” nel quale passa in rassegna tutti i gravi disturbi che possono affliggere le persone che si dedicano per tempi troppo lunghi a esercizi intellettuali molto impegnativi, come potrebbe essere quello della lettura. La maggior parte di queste forme di patologia ha a che fare con il sistema nervoso: malattie degenerative del cervello, irregolarità e squilibri del funzionamento dei nervi periferici, isteria. Il quadro clinico, scrive Tissot, è tanto più allarmante da quando si assistito a un processo di democratizzazione e l’accesso alla lettura è divenuto possibile a un numero sempre maggiore di persone: “Una ragazza che a 10 anni legge invece di correre, a 20 non sarà una buona madre.”

 Dunque, onanismo e letture sono diventati un grande problema per la medicina che deve inventarsi nuove vie di prevenzione per evitare quella che ormai viene considerata dai più una vera epidemia; inoltre, onanismo e letture prolungate determinano conseguenze molto simili e le determinano soprattutto nelle donne. La conclusione dunque è molto semplice: le due cose sono strettamente legate tra loro. E’ possibile che questo modo di pensare si possa spiegare, almeno parzialmente, con lo scivolamento epistemologico che si sta verificando, proprio in quegli anni, nelle scienze della vita.

Nel suo libro sull’onanismo  Tissot fa un elenco terrificante dei mali ai quali le donne vanno incontro con la masturbazione ripetuta, ma a un certo momento dice una cosa che cambia completamente l’atteggiamento che i medici che lo ascoltavano dovevano avere nei riguardi di questo problema: guardate, scrive, come onanismo e eccessiva attenzione alla letteratura  siano causa di conseguenze patologiche molto simili, fatti patologici che hanno in comune etiologia, patogenesi, sintomatologia, cure, complicazioni, esiti. Così la medicina del secolo dei lumi sottopone questi temi ad una unica griglia interpretativa e scopre che leggere troppo e masturbarsi in continuazione si danno la voce tra loro. Ecco allora che si comincia a parlare di un onanismo morale che si produce ogni volta che una persona – soprattutto naturalmente una donna – sollecita e irrita la sua immaginazione con immagini voluttuose e lascive: lo scrive Cristophe Wilhelm von Hufeland, (1762-1836) e quasi tutti gli credono. Ciò avviene soprattutto nelle donne non sposate alle quali la continua ed estenuante lettura di romanzi e di simili porcherie ha corrotto l’immaginazione. L’espressione, “masturbazione intellettuale”, rimarrà, non l’hanno inventata i giornalisti moderni, viene dal passato.

La masturbazione è oggetto di una elaborazione concettuale quasi identica. Essa viene considerata una minaccia per la famiglia e per la società per il suo carattere furtivo, incline all’eccesso, capace di sollecitare in modo smisurato l’immaginazione. Esattamente come la lettura, l’onanismo coinvolge valori molto importanti nella storia della costruzione dell’individualismo moderno. Il problema, la differenza, sta  nel fatto che la masturbazione non è in realtà democratica, non coinvolge nello stesso modo maschi e femmine, forse non rispetta nemmeno le logiche diseguaglianze tra ricchi e poveri, anzi, a parere di tutti,  la gravità delle sue conseguenze patologiche è molto più alta nelle donne. Achille Guillaume Le Bègue de Presle (1735 -1807) scrive nel 1763: “Le femmine non solo fanno esperienza dei mali degli uomini ma soffrono di terribili vapori isterici, di crampi uterini, di furori uterini che le privano di ogni pudore e di ogni capacità razionale”. In sostanza: gli uomini possono diventare stupidi e perdere tutte le proprie forze; le donne diventano inevitabilmente stupide, perdono le forze e diventano indecenti e furiose.

Ma perché le donne soffrono molto di più degli uomini avendo commesso lo stesso errore? E’ sufficiente invocare la loro particolare debolezza psicologica o è importante cercare altre possibili cause? Come vedremo, de Bienville dà una parte della responsabilità all’eccessivo rigore che le istituzioni esercitano sulle giovani donne, una serie di messaggi moraleggianti troppo pesanti da sopportare per quelle tenere spalle. “E’ dunque possibile che in alcuni casi sia da chiamare in causa una educazione che impone un ritegno e una decenza eccessivi, capaci di irritare le loro passioni, di provocare una rivoluzione e un danno nella loro natura e di renderle vittime del bene pubblico”.

In definitiva, i mali degli intellettuali sono connessi con la loro attività culturale: le lunghe sedute dietro a uno scrittoio (segno comunque di serietà, in opposizione alla lettura dei romanzi che le donne fanno normalmente rimanendo sdraiate) determinano congestioni pelviche: o, in alternativa, leggere di notte rovina gli occhi. Ma questi problemi possono derivare sia dalla lettura che dalla scrittura e dalla composizione, cose alle quali le donne non dedicano generalmente tempo. Quindi la patologia femminile è dovuta alla sola lettura, una attività che le donne considerano una sorta di viaggio immaginario, meglio non fermarsi troppo a considerare quali saranno le mete. Perché la comprensione che una donna ha del mondo dipende soprattutto da una logica di commozione emotiva, che non ha niente a che fare con la razionalità critica. La lettura dei romanzi finisce col costringerla a tradire il proprio passato, in lei non c’è più niente che abbia a che fare con un sapere domestico e borghese, da trasmettere da madre a figlia. Leggere è ormai una attività solitaria e introspettiva che si libera dal controllo della famiglia e si emancipa dal costume. Leggere è, in fondo, un piacere solitario che si nutre di fantasia e che preferisce il segreto; leggere è una cosa che le donne amano fare sdraiate sul letto, sognando. Vi ricorda qualcosa?

Ma non si deve dare di quanto ho scritto una interpretazione troppo rigida, ci sono uomini che si dedicano a un tipo di lettura “al femminile” una pratica di lettura deviante anche se viene effettuata da uomini.

Se ricordate, una delle complicazioni alle quale Tissot (che, a proposito, non è un vitalista) accenna parlando di masturbazione femminile è una cosa piuttosto misteriosa, ma che evoca immagini drammatiche, che si chiama “il furore uterino”. Il mistero, o forse sarebbe meglio dire la scarsa chiarezza, stanno nel fatto che i medici del XVIII secolo chiamavano furore uterino la ninfomania, una sorta di congestione (o forse infiammazione) pelvica, una “crudele malattia” che poteva essere determinata da una molteplicità di cause (compresa la lettura prolungata di romanzi sentimentali) e che aveva come principale effetto quello di indurre le donne a masturbarsi, appunto, furiosamente. A sentire Tissot, quindi, l’onanismo poteva essere sia la causa che la conseguenza di una grave forma congestizia, cosa in verità piuttosto improbabile. Così mi è sembrato interessante rileggere per voi il libro più noto che sia stato scritto, sempre nel XVIII secolo sulla ninfomania, anche perché il suo sottotitolo è proprio “il furore uterino”.

Il libro – La ninphomanie, ou traité de la fureur uterine – scritto da un oscuro medico francese, il dottor M.D.T. de Bienville, fu pubblicato per la prima volta in Amsterdam nel 1771. La mia copia è in francese ed è stata pubblicata a Losanna nel 1788, e so per certo che dopo il 1780 le nuove edizioni si sono moltiplicate fino ad epoche recentissime (ne esiste in Italia una edizione Marsilio che è del 1986).

Della vita di questo medico si conoscono alcuni particolari di nessuna importanza: passò molto tempo nell’Europa del Nord, visse a lungo in Olanda, scrisse alcuni libri, che a quanto si può capire nessuno lesse, sulla inoculazione del vaiolo e sugli errori popolari più comuni in materia di salute. E’ bene aggiungere che nel XVIII secolo il termine ninfomania indicava una condizione di ipersessualità femminile compulsiva. Per gli uomini era stato coniato il termine “satiriasi”.

La malattia può colpire donne molto diverse tra loro: ragazze nubili, ingenue, traviate dalla loro stessa ingenuità; ragazze dissolute e depravate, vissute per qualche tempo nel disordine di una vita voluttuosa, che di colpo si trovano possedute dal male. Non ne sono esenti le donne sposate, soprattutto se hanno un marito di carattere debole che esige la sobrietà nel piacere, o freddo, poco sensibile alle delizie del godimento. E poi le giovani vedove, in particolare quelle che avevano un marito forte e vigoroso e che con lui si erano assuefatte a una vita sessuale piena e piacevole.

Anche gli uomini si degradano masturbandosi, si indeboliscono, finiscono per diventare “femmine mascherate da uomini”, come dice anche  Tissot. Gran parte dei medici francesi si trova d’accordo  e condivide i timori dei due medici: gli uomini allevati nella mollezza sono per molti versi simili alle donne. Del resto, per i medici dell’epoca l’abitudine è una sorta di seconda natura, chi si abitua a un certo comportamento può persino modificare la conformazione dei propri organi. Così, la masturbazione e la lettura sono abitudini che possono modificare l’identità sessuale. Gli uomini perdono le loro caratteristiche virili, diventano voluttuosi, privi di energia, apatici e la loro immaginazione si accende con estrema facilità.

L’ipotesi di una differenza ontologica tra uomo e donna si costruisce, nella seconda metà del XVIII secolo, su una base anatomica completamente nuova. E’ una teoria che affascina sia gli scienziati che i medici pratici: il corpo umano, così sensibile ed irritabile, intessuto da una rete nervosa percorsa da tensioni, oscillazioni, vibrazioni e spasmi, va interpretato a partire dalle sue fibre nervose, unità fondamentali della costituzione degli esseri viventi, che entrano nei processi mentali pur restando soggette alle loro determinanti fisiche. Nelle donne le fibre sono più corte e più sottili il che consente emozioni più delicate e furtive. Il problema è che la stessa varietà delle sensazioni si oppone alla loro durata: le femmine “sentono” vivacemente, ma in modo effimero. Per i fisiologi dell’epoca, molto sensibilizzati dalla filosofia sensualista, la permanenza delle sensazioni “fonda” la ragione: la facoltà di giudizio non è che la somma delle nostre esperienze sensibili, paragonate tra loro. Ora, le fibre differenziano i due generi per variazioni qualitative, ma sono pur sempre comuni a uomini e a donne. Il luogo corporale della distinzione tra i due sessi è un elemento che essi hanno in comune, il problema della “femmina/utero” è ormai superato. Su questo elemento condiviso i fisiologi estrapolano ruoli naturali diversi: così la fibra nervosa di un uomo che si riscalda l’immaginazione leggendo, finisce col modificarsi progressivamente, diventando ogni giorno più simile a una fibra nervosa femminile: quando la trasformazione avrà completato il suo percorso, l’uomo potrà pensare soltanto come può pensare una donna. Purtroppo non è solo un problema soggettivo: le patologie delle quali questo nuovo individuo potrà soffrire rappresentano un rischio concreto per il corpo sociale.

Ho qualche difficoltà a stabilire la data della prima pubblicazione di un libro di Thesée Pouillet che, nell’edizione originale, dovrebbe essere intitolato “De l’Onanisme chez la Femme”. Ho trovato, soprattutto nei giornali che si occupano di psicopatologia sessuale, indicazioni molto generiche su questo libro e sul suo autore, con una data, il 1884, che dovrebbe essere quella della prima edizione. Personalmente, possiedo copia della prima edizione italiana, tratta dalla sesta edizione francese, e che ha per titolo ” L’onanismo nella donna” e la data 1986. Il testo comincia con una tavola sinottica (occupa due intere pagine del libro) dedicata alla masturbazione femminile nella quale sono indicate le varie forme, le cause, i segni, le conseguenze e le possibili terapie. Segue un capitolo dedicato alla storia della masturbazione, al vero significato della parola onanismo e alle misteriose ragioni per le quali “corrompersi per terra” ha acquisito il significato di masturbarsi. Ci sono riferimenti sia a Tissot che a un certo Bekkers, inglese, autore di un testo intitolato “Onania”.

Pouillet comincia con l’ inserire nel libro i propri concetti, a partire dalla definizione di onanismo: atto contro natura, frequentemente eseguito con l’aiuto di un organo vivente – mano, lingua – o di un qualsiasi strumento considerato adatto – astucci, finti falli – o anche soltanto di movimenti speciali, personali, generali, allo scopo di provocare lo spasmo venereo sia in assoluta solitudine che in compagnia di altre donne. Le parole alternative al termine onanismo usate ai suoi tempi sono manualizzazione, venere solitaria, dondolio, manustuprazione, libertinaggio solitario, delitto di Onan, passione contro natura, passione solitaria, vizio manuale, vizio genitale, manovra solitaria, più una ulteriore serie di termini francesi intraducibili perché gergali.

Nel capitolo successivo Pouillet entra pesantemente nel merito e descrive le varie forme di masturbazione: la clitoridea, la vaginale, l’uterina e l’uretrale, con molti particolari – sinceramente, non tutti utili – e qualche accenno ai meccanismi fisiologici del piacere. Quando arriva ad elencare le cause che predispongono all’attività masturbatoria, Pouillet non può evidentemente dimenticare quella che era la moda della medicina dei suoi tempi, una disciplina che amava molto ragionare in termini di predisposizioni naturali, di temperamenti e di idiosincrasie. Per lui, quindi, si masturbano molto e molto spesso le donne che possiedono un temperamento bilioso-sanguigno, nervoso-bilioso e nervoso-sanguigno, soprattutto se è possibile scorgere in loro una idiosincrasia genitale. Ma se queste sono motivazioni oscure, non è che le successive brillino per chiarezza: il testo prevede “cause fisiche morbose”, tra le quali compare, non si capisce bene a quale titolo, la scarsa pulizia, oltre soprattutto a infezioni di ogni genere, soprattutto a carattere vegetante e se responsabili di sintomi fastidiosi come il prurito. Cause frequenti sono anche gli alimenti e i farmaci che inducono congestioni pelviche per non parlare di una lunga serie di malattie del sistema nervoso. Esistono poi cause intellettuali ( tra le quali è indicata la passione per la lettura di romanzi) e morali e persino motivi religiosi, non meglio specificati.

Non posso perdermi in questo enorme guazzabuglio di psico-socio-patologia, mi limito a qualche indicazione. Una causa fisica molto frequente di masturbazione cronica è, secondo Pouillet, la macchina da cucire, e nei pool di cucitrici la donna che si masturba, magari semplicemente confricando le cosce una contro l’altra, si fa sempre scoprire perché inevitabilmente la velocità del suo pedale aumenta vertiginosamente. Le cause sociali più comuni sono l’agiatezza e la promiscuità; tra le cause intellettuali, oltre alla lettura dei romanzi “per signorine”, è indicato lo studio delle belle arti, l’ascolto di musiche tenere e melodiose, la conversazione abituale con giovani uomini, la visita a musei nei quali siano esposte statue di uomini nudi e vigorosi, soprattutto se atteggiati in pose lascive, certi pezzi di teatro romantico, i cattivi esempi.

Nel capitolo seguente sono esposti i segni obiettivi della masturbazione e si discute su come sia possibile prima sospettarla e poi diagnosticarla in modo da poter intervenire con adatte misure terapeutiche.

Debbo però riconoscere – e credo che tutti coloro che hanno letto L’onanismo nella donna siano d’accordo con me – che il capitolo più interessante di tutto il testo è quello che riguarda la prevenzione e la cura di questa – dobbiamo per forza ammetterlo – terribile malattia.

Come deve fare ogni buon medico, anzitutto, Pouillet lascia molto spazio alla prevenzione, che si basa prevalentemente sulla messa in atto di precauzioni di vario genere, scelte prevalentemente sulla base del senso comune. I genitori debbono vegliare sulla pulizia degli organi genitali delle loro figlie esercitando entrambi (poveri padri!) un controllo adeguato e continuo.

Le giovinette debbono essere messe a letto dopo averle stancate con esercizi di ginnastica e il letto dovrà essere duro, esposto in un luogo fresco e non umido; è bene che le ragazze tutte vengano abituate a dormire tenendo le braccia al di sopra delle coperte  e che vengano istruite ad alzarsi appena sveglie, poltrire a letto è abitudine deteriore e non deve mai essere concessa alle donne di qualsiasi età. Saranno anche utili impacchi di una soluzione tiepida sui genitali esterni e dovrà essere molto sorvegliato l’alvo, ogni cenno di stipsi o la presenza di parassiti nelle feci dovrà essere indicata immediatamente al medico per il necessario trattamento.

Per quanto riguarda le cure vere e proprie, Pouillet le suddivide in misure affabili e misure repressive e aggiunge a queste ultime i trattamenti chirurgici.

Tra le misure affabili appaiono, e non mi sembra proprio che ne dovrebbero avere titolo, le minacce e la paura, che in linea di principio dovrebbero associarsi alla persuasione. Si cercherà di sviluppare nelle ragazze dei sentimenti generosi dei quali la gioventù è generalmente avida, e una passione confessabile e compatibile con la salute. Si potrà anche ricorrere a mezzi farmacologici, anche se è convinzione generale che questo tipo di terapia è molto meno utile di quanto non lo siano gli interventi morali e i provvedimenti igienici.

La prima repressione sarà relativamente semplice: i genitori si organizzeranno per poter sottoporre i loro atti, diurni e notturni, a un controllo rigoroso per poter procedere alla somministrazione delle punizioni corporali che riterranno più opportune ogni qualvolta le sorprenderanno intente nell’obbrobrioso gesto della masturbazione. Gli altri possibili atti correttivi debbono essere scelti dopo attenta meditazione in quanto sono prevalentemente invasivi, se non addirittura chirurgici.

Le repressioni chirurgiche consistono nell’infibulazione, nell’amputazione della clitoride e nella sezione dei nervi ischio-clitoridei , oltre che nella cauterizzazione della vulva. Con il termine infibulazione si intendono metodi diversi, più o meno cruenti, il più semplice dei quali consiste nell’inserimento di un anello che passa attraverso entrambe le grandi labbra e ne impedisce la disgiunzione.

Un sistema aggressivo, ma che evita di intervenire chirurgicamente, è quello che consiste nell’uso di una camicia di forza. Pouillet non crede molto in questa pratica, ha visto troppo spesso giovani donne con le mani legate masturbarsi tranquillamente strusciando le cosce tra loro o confricando l’apparato genitale contro lo spigolo di una sedia o di un tavolo, o contro il pomello di un cassetto. Propone invece di costruire cinture costrittive, ma non dovrebbe essere difficile costruirli. Apparecchi leggeri e ben confezionati capaci di chiudere ermeticamente l’orifizio vulvare scostando un poco le cosce e lasciando una piccola apertura per l’urina e per il mestruo. Ne consiglia l’uso prolungato e costante, con la  sola avvertenza di toglierlo ogni giorno per qualche minuti per evidenti ragioni igieniche.

Faccio un salto notevole nel tempo e leggo con voi alcune pagine di un libro di Havelock Ellis pubblicato nel 1927, Studies in the psycology of sex, in particolare le pagine dedicate all’educazione sessuale. Le prime pagine di questo capitolo sono dedicate alla valutazione dell’opinione di Freud  a proposito della sessualità infantile e alle critiche che questa sua opinione gli ha procurato, cominciando da quelle di Moll che trovava la teoria di Freud “francamente esagerata”. Ma non è di questo che voglio occuparmi. Mi interessa invece darvi un’idea dell’opinione che Ellis aveva dei bambini della sua epoca, così come emerge da una serie di osservazioni.

Ellis prende anzitutto in esame uno studio da poco pubblicato che alcuni pastori luterani hanno fatto per confrontare la libertà sessuale dei bambini che vivono in città con quelli che vivono invece nelle campagne e che li ha convinti che non esiste una libertà relativa dal sesso nella Germania rurale; questa opinione è molto diversa da quella di Moll, secondo il quale la circolazione di libri e fotografie oscene è molto maggiore tra i figli dei contadini e che questa stessa maggior facilità di approccia alle conoscenze relative alla sessualità è identica in Russia dove la vita delle popolazioni rurali è impregnata di erotismo. Ellis è d’accordo e scrive che un bambino può conservare la propria innocenza molto più facilmente se vive in una città. I cittadini possiedono maggiori doti di modestia, usano un maggior numero di eufemismi, non parlano in pubblico dei propri problemi sessuali. E’ probabile, è vero, che la corruzione presente nelle città sia molto superiore, ma è una corruzione che i cittadini tendono a celare, a non rendere evidente, e questo protegge i bambini che non ne vengono toccati. Un bambino di città vede prostitute passeggiare per le strade, ma non sa distinguerle dalle altre donne, non ne ha né la  capacità né la ragione. Nelle campagne i bambini sentono continuamente parlare in termini crudi di ragazze che hanno rapporti con uomini, delle conseguenze di questi rapporti, di gravidanze e di parti, tutto ciò in termini molto espliciti. In città l’attenzione dei bambini è sollecitata da mille diverse cose, nelle campagne c’è solo la riproduzione degli animali a catturare l’attenzione. In città ci sono molte cose che gli adulti ritengono eccitanti, ma nessuna di esse stimola l’erotismo dei bambini, che d’altra parte non possono non eccitarsi quando vedono una ragazza, ardente come una cavalla in calore, abbandonarsi tra le braccia di un giovane maschio.

Ho trovato molto interessante anche un’indagine su quello che i bambini dell’inizio del XX secolo pensavano su come vengono al mondo i nuovi nati.

Quando l’intelligenza del bambino comincia ad essere attiva, si manifesta anzitutto un forte desiderio di conoscere i fatti elementari della vita che sono in effetti in relazione con il sesso e il primo tra questi è “da dove veniamo”, il mistero della nostra nascita. Stanley Hall ha raccolto una serie dei convincimenti dei bambini circa la propria origine. Molti di loro pensano che sia Dio a fare i bambini, anche se non da solo, è spesso previsto un contributo della Vergine Maria e anche di Babbo natale. Costoro li lasciano cadere dal cielo e le donne o i medici li pigliano al volo, oppure li abbandonano sul marciapiede, o li portano giù con una scala di legno: possono essere anche la mamma o il medico a salire a prenderli, a volte usando un pallone; in qualche storia sono i bambini a scendere dal cielo, usando ali che poi dimenticato da qualche parte, o può essere Gesùa distribuirli in giro Oppure si trovano dentro a barili di farina, o sotto ai cavoli, o nell’acqua; oppure li porta il lattaio al mattino o crescono dal suolo dal quale vengono raccolti e portati al negozio dei bambini nel quale poi sono acquistati dai genitori. In America è comune il convincimento che sono stati trovati sotto un cespuglio di more, mentre in Germania è più popolare la storia della cicogna, ma di animali coinvolti nell’arrivo dei nuovi nati ce ne sono molti. Se ai bambini viene raccontato che i bambini hanno origine dal corpo della madre, è l’ombelico a rappresentare la più frequente via di uscita dal corpo. In ogni caso, senza sapere che questa è anche l’opinione di Freud, molti bambini pensano che non ci sia differenza tra l’apparato genitale dei maschi e delle femmine, per altri l’origine è intestinale, come quella delle feci, altri realizzano che il padre deve avere qualcosa a che fare con il concepimento e si inventano varie teorie, prevalentemente basate su una visione sadica e violenta del coito.

Alphonse Daudet riteneva che l’educazione sessuale fosse priva di senso, i ragazzi avendo già appreso tutto da qualche compagno più ardito, le ragazze non traendo alcun vantaggio dall’apprendimento di sudice questioni di fisiologia. Ellis naturalmente critica questa visione del sesso come cosa sporca e vergognosa e cita un grande numero di persone che hanno scritto in favore di una educazione sessuale impartita precocemente, sottolineando che la maggior parte di queste persone appartiene al sesso femminile. Così scrive che non ci possono essere dubbi sul fatto che “a little accurate knowledge” relativamente alla vita sessuale. Nei futuri programmi educativi, scrive, le questioni relative alla vita sessuale debbono avere un ruolo di tutto riguardo.  E si chiede poi chi deve essere l’educatore, domanda sulla quale non ha alcun dubbio: la madre. Perché, scrive ancora, i bambini più intelligenti, non possono essere mantenuti all’oscuro dei fatti della vita, pena la trasformazione della curiosità naturale in morbosità. Il capitolo si conclude con un elenco, a dir la verità non poi particolarmente lungo, di piccoli libri scritti da esperti educatori che dovrebbero essere utilizzati per l’educazione dei bambini, consegnandoli loro per la lettura o chiedendo alle madri di leggerli con loro.

Nel 1975 John Money e Patricia Tucker pubblicano “Sexuals signatures”,  un libro che rappresenta una pietra miliare nella storia degli studi sulla sessualità, l’identità di genere e l’educazione sessuale. John Money è un leader riconosciuto degli studi sulla sessualità umana e dirige un centro di ricerche della Johns Hopkins. Il libro esce in un mondo totalmente cambiato rispetto a quello che ha viso pubblicare i precedenti: l’attesa di vita di uomini e donne si è prolungata oltre ogni attesa, c’è la contraccezione che consente di avere rapporti sessuali senza paura di gravidanze, c’è un concetto di libertà sessuale del tutto nuovo e ancora non è arrivata la paura dell’AIDS. Il libro parla di molte cose, spiega con parole molto semplici perché è indispensabile una corretta informazione sulla vita sessuale, ma sembra particolarmente preoccupato di considerare criticamente gli stereotipi che esistono ancora immutati  a marcare le differenze tra i due sessi, stereotipi oltretutto accettati dalla maggior parte dei cittadini.

Così, se sei un uomo :

  • devi batterti ma non puoi piangere;
  • devi cercare di sconfiggere i tuoi nemici, che poi sono molto semplicemente gli altri uomini, e non devi mai dichiararti sconfitto;
  • devi sedurre tutte le ragazze che riesci a incontrare ma hai diritto ad avere una moglie vergine;
  • puoi fare qualsiasi tipo di lavoro anche il più intellettuale fuori dalla tua casa, ma non puoi occuparti di lavori domestici perché perderesti la tua dignità;
  • devi assumerti la responsabilità di mantenere tua moglie e i tuoi figli; tua moglie, se proprio lo vuole, può lavorare fuori di casa, ma il suo vero lavoro è quello domestico;
  • puoi dimostrare il tuo affetto per tua moglie e per i tuoi figli, ma non puoi farlo per un altro uomo, chiunque sia;
  • tutte le tue relazioni con le donne sono fortemente colorate di sesso, anzi le più importanti di tutte sono quelle basate esclusivamente sul sesso;
  • puoi vantarti delle tue conquiste sessuali usando il più colorito dei linguaggi quando sei con altri uomini, ma devi sempre usare un linguaggio prudente e educato quando sei con una donna sia tua moglie o no;
  • quando parli in pubblico di omosessuali e travestiti devi dimostrare sempre una grande tolleranza, ma quando sei solo con i tuoi amici è meglio che tu sia sincero.

E se sei una donna:

  • se non ti sposi e non hai figli la tua vita è un totale fallimento;
  • finché non ti sposi la tua vita si basa su una continua competizione con le altre donne per ottenere l’attenzione degli uomini e riuscire a farli ciondolare nei dintorni del tuo imene, ma devi evitare di dimostrare un qualsiasi interesse per gli uomini che mostrano interesse per te;
  • dopo che ti sei sposata il tuo unico compito è quello di essere una brava moglie e una brava madre;
  • l’astuzia e l’inganno debbono essere le tue armi e la manipolazione la tua tattica; nessuno si aspetta che tu abbia una strategia o che tu sia coerente, ma se la tua incoerenza ( o i tuoi figli) procurano qualche guaio, la colpa è la tua;
  • devi leggere e devi scrivere, ma mai troppo, e di matematica devi saperne ancora meno; i tuoi sentimenti e le tue opinioni (e per carità le tue necessità) in materia di sesso non sono importanti e non debbono interessare a nessuno, non è per niente carino che tu ne parli;
  • se guadagni un po’ di soldi, fantastico, purché questo non interferisca con il tuo lavoro domestico; guadagnare (o aver successo) più di tuo marito e dei suoi colleghi, è causa di possibili e gravi problemi psicologici, guardatene;
  • una signora non parla mai di omosessualità et similia; la cosa migliore, se interrogata, è fingere di non sapere cosa fanno quando vanno a letto.

Se ho interpretato bene le parole di Money, uno dei primi compiti degli educatori dovrebbe essere quello di cancellare questi stereotipi e soprattutto di educare i figli maschi a rispettare le loro compagne di gioco.

Ma veniamo al presente. Una recente indagine dell’Istituto Superiore di sanità, che ha interrogato un notevole numero di ragazzi di ambo i sessi, di età compresa tra i 14 e i 16 anni, ha messo in evidenza una scarsa conoscenza della fisiologia della riproduzione, come si può arguire dal fatto che il 60% degli intervistati non sapeva identificare il periodo fertile del ciclo. Riguardo all’esposizione alla vita sessuale, il 18% ha dichiarato di aver avuto rapporti completi e il 46% incompleti; nel caso di rapporti completi, il 16% non aveva usato metodi contraccettivi (dato da rivedere, perché il coito interrotto viene considerato equivalente a nessun rapporto da molte persone) e il 65% aveva usato un preservativo. Quasi tutti sapevano che l’AIDS è una malattia a trasmissione sessuale, ma solo il 58% riconosceva l’epatite e meno del 10% la gonorrea. Sulle modalità di trasmissione di queste malattie quasi tutti gli interrogati avevano idee molto confuse.

Secondo l’OMS una delle categorie a maggior rischio di ammalarsi di una malattia sessualmente trasmessa è proprio quella dei giovani adolescenti. Questo problema riguarda soprattutto i giovani che vivono in paesi poveri (l’85%) e che sono già impegnati in un lavoro pur avendo meno di 15 anni, un numero che supera i 70 milioni. Questi giovani iniziano molto presto ad avere una vita sessuale attiva e dei 333 milioni di nuovi casi di AIDS diagnosticati ogni anno, 111 riguardano giovani di età inferiore ai 25 anni.

Per quanto riguarda i tassi di abortività delle minorenni, in Italia è assestato da molti anni poco sopra al 4% ( 2,7% sul totale delle IVG). Questi dati, che confermano un minor ricorso all’aborto delle nostre ragazze rispetto al resto d’Europa, sono di assai difficile interpretazione, consideratolo scarso ricorso di queste giovani ai mezzi contraccettivi più sicuri. Certamente negli ultimi anni c’è stato un grande uso di contraccettivi di emergenza, ma contemporaneamente si è registrata una diminuzione del ricorso ai consigli dei consultori. Le gravidanze in età adolescenziale (1 su 100 adolescenti: tra 7 e 28 gravidanze ogni 1000 ragazze tra i 15 e i 19 anni) sono indesiderate per più dell’80% e gli adolescenti a loro volta ammettono di non aver ricevuto una educazione e una informazione sessuale adeguate e esprimono il desiderio di ricevere informazioni più qualificate sulla sessualità, sulla contraccezione e sulle malattie sessualmente trasmesse. C’è evidenza nella letteratura dell’inutilità dei programmi scolastici di educazione sessuale nel modificare i comportamenti a rischio degli adolescenti. Non credo che ci sia bisogno di altri dati per stabilire l’assoluta necessità di una valida educazione sessuale nel  nostro Paese. Vediamo insieme di cosa stiamo parlando.

La sessualità umana costituisce un elemento determinante per lo sviluppo della personalità, è un mezzo di espressione e di comunicazione, nucleo centrale dell’identità della persona: riguarda il modo in cui ciascuno si percepisce come uomo o donna e la sua modalità di porsi in relazione agli altri. Non coincide cioè con gli organi genitali ed il loro funzionamento, ma comprende l’intero corpo e tutta la persona.

La sessualità non è qualcosa che viene coinvolta solo quando si desidera soddisfare il bisogno sessuale, ma l’essere femmina o l’essere maschio si riflette su tutto quello che facciamo.

L’adolescenza è il periodo in cui si pensa a se stessi come non era mai stato fatto in precedenza. Ci si interroga sui propri cambiamenti, si ha l’impressione di vedere il mondo con occhi nuovi. Si fanno progetti, e non soltanto a breve termine, ma anche per gli anni futuri. Chiedersi “chi sono” significa anche porsi delle domande sul proprio essere maschio o femmina, ossia sulla propria identità di genere.

L’identità di genere sessuale ciascuno la costruisce entro i primi 3 o 4 anni di vita, sulla base del sesso biologico, ma non solo. Sono infatti determinanti le relazioni interpersonali che il bambino ha, fin dalla nascita, con le figure di accudimento.

I genitori infatti, nel loro entrare in relazione con il figlio, ne confermano, attraverso messaggi consci ed inconsci, verbali e non verbali, la mascolinità o femminilità. I genitori hanno infatti un’idea su quello che è un maschio o una femmina, su quello che deve o non deve fare e su questa idea tarano il loro modo di rapportarsi. Maschi e femmine utilizzano poi il genitore dello stesso sesso come modello di identificazione ed anche questo contribuisce a facilitare la strutturazione dell’identità di genere, soprattutto se il genitore in questione si sente bene e a suo agio nella propria mascolinità o femminilità.

Altro aspetto fondamentale che serve da rinforzo dell’identità è anche il riconoscimento del genitore dell’altro sesso. “Riconoscimento” in questo caso significa disponibilità a porsi come oggetto d’amore ed a ricambiare di un amore di pari intensità. Un amore in cui l’aspetto sessuale non viene agito, ma l’intensità dell’affetto, dell’accettazione, dell’apprezzamento del genitore del sesso opposto riflette come in uno specchio una immagine “bella”, che accompagnerà con fiducia l’adolescente nella sua vita di relazione e nel suo incontro con l’altro.

L’identità sessuale ha però anche un’altra componente, legata al riscontro sociale, cioè al ruolo: il ruolo sessuale è costituito da quell’insieme di aspettative che si rivolgono ad una persona sulla base del sesso biologico di appartenenza. Nella nostra cultura esistono aspettative differenti a proposito dei comportamenti ritenuti appropriati ai due sessi, sebbene certe rigide stereotipie, caratteristiche di qualche tempo fa, siano fortunatamente in trasformazione.

In adolescenza, periodo in cui ulteriormente si rafforza e si consolida l’identità sessuale, ragazzi e ragazze sono chiamati al “doloroso” distacco dalle figure di identificazione primaria (i genitori) per ulteriormente definire una identificazione con il ruolo maschile e femminile.

In questa prospettiva assumono particolare rilevanza i modelli proposti dai mezzi di comunicazione di massa, soprattutto per coloro che per varie ragioni non hanno potuto trovare in famiglia o comunque in adulti di riferimento dei modelli efficaci di identificazione.

Proprio in relazione a questo è utile attivare un senso critico che permetta di orientarsi tra gli innumerevoli modelli proposti, soprattutto nell’ottica di scegliere quelli che meglio possano armonizzarsi con il  proprio mondo interno.

 

Le nostre relazioni con gli altri e con l’ambiente passano necessariamente attraverso il corpo, che è il mezzo di comunicazione più immediato di cui disponiamo.

Oltre che con le parole, parliamo di noi anche con gli occhi, il sorriso, l’odore, le mani, la posizione del corpo, l’abbigliamento. Molte volte utilizziamo volontariamente queste comunicazioni silenziose, per invitare o scoraggiare l’altro alla prosecuzione del rapporto.

Altre volte inviamo messaggi con il corpo anche senza rendercene conto. Qualcuno ha detto che “il corpo non mente” proprio per sottolineare che spesso rivela più delle parole.

Eppure, nonostante ogni rapporto sia ricco di comunicazioni non verbali, la maggior parte di noi è “analfabeta” in questo campo e non conosce appieno tutte le proprie potenzialità e capacità espressive. Arriviamo ad ignorare o negare il corpo, o perfino ad avvertirlo estraneo. Sentirsi diversi, a volte sgradevoli, domandarsi – guardandosi allo specchio- se si è sempre gli stessi, sono emozioni e sentimenti che è frequente provare nell’adolescenza.

Belli o brutti spesso vuol dire vicini o lontani dall’immagine ideale di sé, che è per lo più quella prospettata dai mass-media: un corpo snello, scattante, perfetto.

Basta poco, com’è ovvio, per sentirsi diversi da questo modello a cui, però, qualcuno tende ad aggrapparsi per trovare un punto di riferimento più o meno stabile. In questo periodo, infatti, l’immagine corporea, a causa dei cambiamenti fisiologici, si modifica così rapidamente da richiedere continui adattamenti nella ricerca di una nuova identità personale.

Essere in armonia con il proprio corpo, avvicinarsi ad esso scoprendo progressivamente le sensazioni che può dare, significa soprattutto riconoscersi nelle proprie emozioni e nei propri desideri. Troppo spesso il piacere sessuale è considerato “sporco” o “proibito”.

La masturbazione, per esempio, è sovente presentata come qualcosa di infantile, di immaturo. In realtà, essa rappresenta una normale componente del repertorio sessuale dell’individuo utile a conoscere il proprio corpo, e le donne -al pari degli uomini- possono trarne piacere. Nella pubertà, il fenomeno autoerotico, presente fin dall’infanzia, si intensifica, a causa delle nuove emozioni sessuali avvertite, ed assume un significato diverso rispetto all’autoerotismo infantile, dove l’investimento libidico è rivolto a se stessi. Da questo periodo in poi invece viene indirizzato anche verso l’altro. Infatti le fantasie erotiche che

accompagnano la masturbazione sono in relazione ad un’altra persona, reale o immaginaria, e rappresentano un percorso di progressivo avvicinamento alla relazione sessuale. La masturbazione è dunque un’esperienza con cui si prende confidenza con il proprio corpo e con il proprio immaginario erotico. La masturbazione non è soltanto una caratteristica del periodo adolescenziale. Essa viene praticata da uomini e donne nelle diverse età della vita, non solo quando i rapporti sessuali sono impossibilitati, ma anche in coppia durante il rapporto sessuale o da soli.

 

Quando si entra nel periodo adolescenziale, ai molti cambiamenti individuali, si aggiungono modificazioni che investono tutta la famiglia. Infatti, i membri che ne fanno parte si influenzano reciprocamente e, nel momento in cui si è alle prese con un corpo che cambia repentinamente e si vivono emozioni nuove, forti e contraddittorie, genitori, fratelli e sorelle vengono inevitabilmente coinvolti.

Questo è un periodo difficile per tutti, ma ricco di potenzialità di crescita per ciascuno. Contrasti, conflitti, incomprensioni coinvolgono adulti e adolescenti in un confronto continuo.

Da un lato ragazzi e ragazze si accorgono di non essere più bambini, ma non ancora abbastanza grandi e autosufficienti, dall’altro i genitori mettono in crisi il loro ruolo genitoriale, ed è probabile che percorrano a ritroso gli anni trascorsi per rivedere se stessi adolescenti incompresi e insoddisfatti. Anche allora c’era tensione in famiglia; infatti, lo scontro generazionale sembra essere un passaggio obbligato per crescere.

Le richieste più frequenti da parte degli adolescenti, in questo periodo, riguardano l’autonomia e la definizione di nuovi “spazi”, a cui nessun adulto abbia libero accesso. Scrivere il diario personale, come fanno specialmente le ragazze, o chiudersi nella propria stanza, sono esempi di queste nuove esigenze.

È facile che gli adulti ora tendano ad essere intrusivi perché anche per loro questa è una fase difficile; c’è il timore di perdere il controllo dei figli, di vederli man mano allontanarsi, una sorta di paura di restare soli.

È arrivato il momento di staccarsi dalla famiglia, fare i primi passi all’esterno e “sperimentarsi” con i coetanei. C’è chi lo fa con spavalderia, chi più timidamente. Ci si innamora e si tenta di uscire dal “guscio” familiare. Si comincia a scoprire la propria sessualità e non sempre questa scoperta è vissuta serenamente.

A volte questa nuova consapevolezza crea inquietudine e sensi di colpa: dialogare con i genitori sull’amore e sul sesso non è facile! Gli adulti, spesso, provano più imbarazzo dei loro figli ad affrontare argomenti come la masturbazione, il rapporto sessuale, la contraccezione.

I genitori, spinti dalle loro ansie e preoccupazioni, se parlano di sessualità con i loro figli, pongono spesso l’accento sulla prevenzione dei rischi e dei pericoli che la sessualità potrebbe comportare. Il pudore e la necessità di mantenere la propria privacy spingono ragazze e ragazzi a cercare al di fuori della famiglia le risposte ai propri dubbi e alle proprie curiosità. A scuola, con gli insegnanti viene privilegiata l’informazione “scientifica” riguardante in particolare la spiegazione dell’anatomia e fisiologia dell’apparato genitale maschile e femminile.

Sembra, dunque, che siano gli amici i “veicoli” privilegiati dell’informazione sul sesso, che assai spesso però è inesatta, distorta o, quanto meno, insufficiente.

Il dialogo con il gruppo dei coetanei si basa maggiormente sul confronto delle esperienze fatte – più sincero se in privato con l’amico/a più intimo – sulla condivisione di emozioni e sensazioni ed ha una connotazione più trasgressiva nel linguaggio e nel contenuto.

L’educazione sessuale è un termine generale che comprende vari temi e varie discipline connessi all’educazione, in modo particolare il rapporto tra i ragazzi ed i coetanei (e anche con gli adulti) in periodo di maturazione sessuale, l’anatomia e la fisiologia dell’apparato genitale, i cambiamenti che avvengono durante la pubertà, la psicologia, le problematiche di tipo morale, la conoscenza delle abitudini legate all’ambiente di provenienza dei ragazzi oggetto di educazione, le curiosità dei ragazzi stessi (che abbracciano tutti gli aspetti del comportamento sessuale umano).

I tipici canali dell’educazione sessuale e della trasmissione delle prime informazioni sono primariamente i genitori (in particolare, per quanto riguarda le bambine, si tratta solitamente della madre), poi vengono gli insegnanti, (che seguono primariamente le indicazioni del MIUR, poi delle Regioni o Provincie, con le loro direttive specifiche, sino ad arrivare alle decisioni dei singoli Istituti Scolastici, nella loro autonomia didattica). Altri canali sono gli educatori a vario livello (educatori religiosi, capi scout, responsabili o allenatori di società sportive e così via). Poi non è possibile dimenticare gli organi di informazione, prima tra tutti, nella disponibilità dei ragazzi, la rete, intesa come accesso ad internet ed a tutto quanto vi è contenuto.

Primo approccio alla sessualità – La famiglia

I genitori, sin dai primi anni di vita del bambino o della bambina, sono chiamati all’importante compito di dare una corretta informazione e formazione, anche in questo campo. Le prime curiosità sono solitamente le più difficili da soddisfare, ma proprio per questo sono anche quelle che è più importante affrontare in modo corretto. In questo viene in aiuto la copiosa letteratura specifica, ma la disponibilità e l’apertura dei genitori nei confronti dei figli sono, da sole, l’aiuto più grande che i piccoli ricevono per il loro corretto sviluppo intellettuale ed emotivo. La reazione corretta, da valutare caso per caso, alle prime manifestazioni della sessualità saranno una sorta di impronta comportamentale che influenzerà il resto della vita.

Educazione alla sessualità ed alla affettività – La scuola

Negli ultimi anni, nella scuola italiana, pur nella inevitabile differenziazione anche da istituto a istituto, si è affermato un approccio al tema di tipo collegiale. Innanzitutto è quasi sempre previsto un corso specifico, formato anche solo da alcune lezioni su uno o più argomenti particolari, nell’anno conclusivo della scuola secondaria di primo grado (cioè in terza media). Non mancano esperienze nella scuola primaria (scuola elementare) e approcci più approfonditi nella scuola secondaria superiore. L’educazione alla sessualità ed alla affettività, anche se può essere trattata da un solo docente della classe, solitamente l’insegnante di Scienze, viene concordata, di prassi, con l’intero Consiglio di classe, e partecipano, a vario titolo, gli insegnanti di Lettere, di Religione e di Educazione fisica. Nella programmazione questa attività coinvolge anche i genitori, che possono essere solo i genitori eletti come rappresentanti, o tutti i genitori, con riunioni aperte alle famiglie. Non mancano, in alcune regioni o province, gli interventi di personale delle ASL o del SSN per attività di approfondimento, specialmente per quanto riguarda gli aspetti psicologici e i particolari, adatti all’età dei ragazzi, attinenti al rapporto sessuale, i metodi anticoncezionali, le malattie sessualmente trasmissibili, l’igiene personale, le dipendenze e il consultorio. L’educazione sessuale di solito descrive l’origine e lo sviluppo di un nuovo essere umano, partendo dalla fecondazione, parlando poi dello sviluppo dell’embrione e del feto, per arrivare al parto. Il tipo di attività che svolge ogni singola classe, tuttavia, non è definibile con precisione, perché, come si è detto, in questo caso le variabili sono molte.

Generalità sull’insegnamento dell’educazione sessuale

Aspetti dell’educazione sessuale fanno parte del curriculum di molte scuole in tutto il mondo, ma in molti Paesi rimane materia controversa, specialmente per quanto riguarda l’età in cui si dovrebbe cominciare a impartire agli studenti tale educazione, che tipo di dettagli e quali argomenti si debbano toccare. Nel 1936, Wilhelm Reichscrisse che l’educazione sessuale dei suoi tempi era diseducativa perché si limitava alla biologia, senza toccare gli aspetti psicologici dell’attrazione e delle pulsioni, che erano quelli a cui gli adolescenti erano più interessati [1]

In molti Paesi, l’educazione sessuale è oggetto di animate discussioni. I punti che più generano controversia sono: se sia bene includere argomenti come la sessualità infantile, l’uso di anticoncezionali come il profilattico e la “pillola” e i loro possibili benefici nel limitare il numero di figli nati fuori del matrimonio, le ragazze madri e le malattie trasmesse sessualmente, come l’AIDS. La recente campagna contro il sesso prematrimoniale portata avanti da gruppi conservatori negli USA è stata la causa principale di queste controversie. Dal punto di vista statistico si può notare come Paesi con tradizioni conservatrici verso l’educazione sessuale, inclusi l’Inghilterra e gli Stati Uniti, hanno una percentuale più elevata di malattie sessuali e di ragazze-madri.

Il diffondersi dell’AIDS ha dato nuovo impulso all’importanza dell’educazione sessuale. In molte nazioni dell’Africa dove l’HIVAIDS è a livello epidemico, l’educazione sessuale è considerata dalla gran parte degli scienziati come una strategia essenziale del Ministero della Salute di ogni Paese. Alcune organizzazioni internazionali come Planned Parenthood ritengono che i programmi di educazione sessuale portino benefici a livello globale, come per esempio il controllo del rischio di sovrappopolazione e il progresso dei diritti delle donne.

L’educazione sessuale nel mondo

 

Stati Uniti

Negli USA quasi tutti gli studenti ricevono qualche forma di educazione sessuale almeno una volta nella Scuola Media inferiore o superiore. Molte scuole cominciano a trattare qualche argomento negli ultimi anni delle elementari. Ad ogni modo, ciò che gli studenti imparano varia molto da scuola a scuola perché le decisioni sul curriculum sono decentralizzate. Molti Stati hanno leggi che regolano quanto si insegna nelle lezioni di educazione sessuale, ma lasciano comunque decidere ai genitori se permettere ai figli di seguirle. Alcuni Stati lasciano ai singoli distretti scolastici le decisioni sul curriculum.

Per esempio, in una ricerca del 1999, il Guttmacher Institute ha trovato che nella maggioranza dei corsi di educazione sessuale nella Scuola Media inferiore e superiore si spiegavano argomenti come il passaggio alla maturità sessualepubertà, l’HIV, le Malattie sessualmente trasmissibili, l’astinenza (castità), il problema delle ragazze-madri e come resistere alla pressione dei coetanei. C’era invece notevole disparità di trattazione su altri argomenti come i metodi anticoncezionali e di prevenzione delle malattie, le tendenze sessuali, la violenza sessuale e la pratica e l’etica circa l’aborto.

In America, l’educazione sessuale si insegna in due forme principali: quella completa e quella che si limita alla sola astinenza. L’educazione sessuale completa tratta anche dell’astinenza come di una scelta valida, ma insegna al tempo stesso i metodi di contraccezione e di prevenzione delle malattie, per gli studenti sessualmente attivi. Una ricerca effettuata nel 2002 dalla Kaiser Family Foundation ha trovato che il 58% dei presidi delle Scuole Medie inferiori e superiori affermavano che il loro programma di educazione sessuale era completo.

L’educazione sessuale focalizzata sull’astinenza (castità) insegna ai ragazzi e ragazze che dovrebbero rimanere sessualmente astinenti fino al matrimonio e non prevede informazioni sui contraccettivi. Nella ricerca della Kaiser, il 34% dei presidi di Scuola Media superiore affermavano che il principale messaggio del loro programma consisteva nell’astinenza.

La differenza tra questi due approcci e il loro impatto sul comportamento dei giovani rimane argomento controverso negli USA. A partire dal 1991 la percentuale di ragazze-madri è diminuita notevolmente e una leggermente più alta percentuale di giovani afferma di osservare l’astinenza. Tuttavia, gli USA hanno ancora la più alta percentuale di ragazze-madri e delle Malattie trasmesse sessualmente tra i giovani di tutto il mondo industrializzato. Da statistiche condotte per vari anni risulta che la grande maggioranza degli Americani sono in favore di programmi completi di educazione sessuale, a preferenza di quelli che insegnano solo l’astinenza. Di recente invece, gli educatori che favoriscono l’astinenza hanno pubblicato dati statistici con risultati totalmente opposti. I sostenitori dell’educazione sessuale completa spiegano che i rapporti sessuali tra i giovani sono un dato di fatto e che quindi è di somma importanza provvedere informazioni circa i rischi e i metodi per evitarli. Sottolineano anche che la mancanza di tale informazione fa crescere la percentuale di gravidanze indesiderate e di malattie.

D’altro canto, i paladini dell’educazione sessuale focalizzata sull’astinenza sono contrari ai programmi che non insegnano la responsabilità morale del comportamento. Sostengono che l’insegnamento di una moralità che limita i rapporti sessuali solo all’interno del matrimonio è “salutare e costruttivo” e che le informazioni sul comportamento sessuale non accompagnate dal contesto etico possono portare a pratiche immorali e dannose. In questa ultima decade, il governo federale ha appoggiato i programmi che insegnano solo l’astinenza destinando ad essi oltre un miliardo di dollari. Alcuni Stati, come la California, rifiutano i finanziamenti in modo da poter continuare i programmi completi di educazione sessuale. Gli altri Stati che hanno seguito la California in questa decisione sono il Connecticut, il Maine, il Montana, il New Jersey, la Pennsylvania, l’Ohio, il Rhode Island, il Washington e il Wisconsin. Il finanziamento per uno dei due più importanti programmi di sola astinenza, il Titolo V, è stato esteso solo fino alla fine del 2007. Il Congresso sta decidendo se prolungarlo.

I risultati del crescente numero di programmi di sola astinenza rimangono problematici. Fino ad oggi non è stata pubblicata nessuna ricerca atta a provare che i programmi di sola astinenza hanno fatto spostare l’età dei primi rapporti tra i giovani. Nel 2007, una ricerca commissionata dal Congresso USA ha appurato che gli studenti delle Scuole Medie inferiori che avevano seguito i programmi di educazione sessuali di sola astinenza avevano la stessa incidenza di rapporti prematrimoniali e di uso di contraccettivi rispetto a quelli che non avevano seguito tale programma. I sostenitori dei programmi di sola astinenza hanno obiettato che la ricerca è poco credibile perché il campione era troppo piccolo ed è cominciata quando i programmi erano ancora all’inizio. Inoltre, altre ricerche hanno invece dimostrato effetti positivi.

Europa

  • In Inghilterra e nel Galles, l’educazione sessuale nelle scuole pubbliche non è obbligatoria e i genitori possono non permettere ai loro figli di partecipare alle lezioni. Il programma si focalizza sugli organi di riproduzione, lo sviluppo del feto e i cambiamenti fisici e psicologici della pubertà. Le informazioni circa i contraccettivi e la prevenzione delle malattie sono a discrezione delle scuole locali. L’Inghilterra ha una delle percentuali più alte di ragazze-madri d’Europa e l’educazione sessuale è un argomento molto dibattuto dal governo e dai media. In una ricerca condotta nel 2000 dall’Università di Brighton, molti quattordici-quindicenni hanno manifestato disappunto sui contenuti delle lezioni di educazione sessuale. Hanno percepito una mancanza di fiducia verso gli insegnanti che impediva loro di fare domande esplicite sui contraccettivi.
  • In Scozia, il principale programma di educazione sessuale si chiama “Sano Rispetto” (Healthy Respect) e si concentra non solo sugli aspetti biologici della riproduzione ma anche sui rapporti umani e le emozioni. Il programma comprende anche le informazioni sui contraccettivi e le malattie, per incoraggiare una buona salute sessuale. Dato che le Scuole Cattoliche si sono rifiutate di adottare questo programma, ne è stato preparato un altro specifico per queste scuole. Finanziato dallo Scottish Executive, il programma, denominato “Chiamata all’Amore” (Call to Love) incoraggia i giovani a rimandare i rapporti sessuali al matrimonio e non dà informazioni sui contraccettivi. In questo modo è una forma di educazione sessuale di sola astinenza.
  • In Francia, l’educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1973. Le Scuole sono tenute a impartire 30-40 ore di educazione sessuale e distribuire profilattici agli studenti di terza media e prima superiore. Nel gennaio 2000, il Governo francese ha lanciato una campagna sui contraccettivi con spot pubblicitari su radio e TV, e la distribuzione di 5 milioni di opuscoli sullo stesso argomento agli studenti delle Scuole Superiori.
  • In Germania, l’educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1970. Di solito include tutti gli argomenti riguardanti il processo di maturazione dal punto di vista biologico, psicologico e sociale: i cambiamenti nel corpo, la riproduzione, le emozioni, l’atto sessuale, la vita di coppia, l’omosessualità, le gravidanze non volute, le complicazioni dell’aborto, i danni della violenza sessuale, compresa quella sui minori e le malattie. A volte comprende altri argomenti discrezionali come le posizioni dell’atto sessuale. La gran parte delle scuole offre lezioni sull’uso corretto dei contraccettivi. Ci sono anche altri mezzi di comunicazione che trattano l’educazione sessuale, al primo posto la rivista per giovani “Bravo”, che contiene sempre una sezione dove i giovani rivolgono domande sulla sessualità e la vita di coppia.
  • In Olanda dalla fine del 1980 il Governo sponsorizza il programma “Amore per tutta la vita” (Lang leve de liefde), che ha lo scopo di dare ai giovani le conoscenze sufficienti perché prendano decisioni ragionate in materia di salute e sessualità. In quasi tutte le Scuole Medie inferiori e superiori si trattano argomenti di educazione sessuale nei corsi di biologia e in oltre la metà delle scuole elementari si comincia a parlare di sessualità e metodi contraccettivi. Il programma verte tanto sugli aspetti biologici che su quelli morali e psicologici, come ad esempio l’importanza di capacità comunicative e di compromesso all’interno della coppia. I mass media incoraggiano il dialogo aperto sull’argomento e la Sanità Pubblica garantisce ai cittadini riservatezza e atteggiamento neutrale. L’Olanda ha una delle percentuali più basse di ragazze madri al mondo e il sistema olandese è spesso considerato un esempio per gli altri Paesi.
  • In Svezia, l’educazione sessuale fa parte integrante dei programmi scolastici fin dal 1956. Si comincia a trattare gli argomenti dalle prime classi elementari e si continua per tutti gli anni, all’interno di argomenti disparati quali la biologia e la storia.
  • In Finlandia, la Population and Family Welfare Federation distribuisce a tutti i quindicenni un kit introduttivo di educazione sessuale che include un opuscolo, un profilattico e il video di una storia d’amore in cartoni animati.

 

Asia

 

I programmi di educazione sessuale sono a differenti livelli di sviluppo nei vari Paesi.

  • L’Indonesia, la Mongolia, la Corea del Sud e lo Sri Lanka hanno direttive governative sistematiche per insegnare argomenti sessuali nelle scuole.
  • La Malesia, le Filippine e la Thailandia stanno sviluppando dei programmi specifici per gli adolescenti, con lezioni, messaggi sui media e materiali didattici. *L’Indiadispone di programmi che si indirizzano agli studenti delle scuole dai nove ai sedici anni. Le lezioni si inseriscono in varie parte del curriculum e generalmente includono aperti scambi di opinione tra studenti e professori. In India, si sta svolgendo un vivo dibattito circa gli argomenti dell’educazione sessuale, specialmente sul problema se sia il caso di ampliarlo.
  • Il Bangladesh, il Myanmar, il Nepal e il Pakistan non hanno al momento programmi coordinati di educazione sessuale.
  • In Giappone, l’educazione sessuale è obbligatoria a partire dai dieci o undici anni, e tocca principalmente gli aspetti biologici, come la mestruazione e l’eiaculazione.
  • In Cina, l’educazione sessuale tradizionalmente consiste nella lettura del capitolo dedicato alla riproduzione umana sui testi di biologia. Ma nel 2000 l’Associazione Cinese di pianificazione Familiare ha introdotto un progetto quinquennale per “promuovere l’educazione alla salute sessuale tra gli adolescenti e i giovani cinesi non sposati” in dodici distretti urbani e tre contee. In questo programma si toccano anche argomenti come gli aspetti psicologici e relazionali dell’attività sessuale e la prevenzione delle malattie sessuali.

La International Planned Parenthood Federation e la BBC World Service hanno trasmesso una serie di 12 puntate sotto il nome di Sexwise, in cui si discute di educazione sessuale, educazione alla vita in famiglia, contraccettivi e educazione dei figli. È stato lanciato in anteprima nei Paesi asiatici.

Africa

Poster che mettono in guardia contro il pericolo dell’AIDS ad Abidjan in Costa d’Avorio

L’educazione sessuale in Africa si concentra sulla battaglia contro l’HIV/AIDSS, che ha raggiunto livelli epidemici. La maggioranza dei governi hanno stabilito programmi di educazione contro l’AIDS in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e ONG internazionali. Questi programmi di solito insegnano gli elementi di base della prevenzione contro l’HIV, e sono stati spesso sostenuti dall’amministrazione Bush. Si tratta di una combinazione di astinenza, fedeltà alla moglie e uso del profilattico. Gli sforzi di queste campagne educative sembra che comincino a portare frutti.

  • In Uganda, l’uso del preservativo è aumentato, i giovani stanno procrastinando l’epoca del primo rapporto e la percentuale generale dell’AIDS sta diminuendo.
  • In Egitto nelle scuole pubbliche si insegnano ai tredici-quattordicenni nozioni circa il sistema riproduttivo maschile e femminile, gli organi sessuali, tecniche contraccettive e le malattie sessuali. È in corso una collaborazione tra l’UNDP, l’UNICEF, e i ministeri della salute pubblica e dell’educazione per espandere l’educazione sessuale anche nelle zone di campagna, e informare la gente sui pericoli della circoncisione femminileclitoridectomia.

Educazione sessuale e aspetti religiosi

 

Molte religioni intervengono in materia di rapporti sessuali e, quindi, di educazione sessuale. Il tipo di organizzazione statale influisce fortemente su questo aspetto. Per alcuni è compito dello stato insegnare questa materia, per altri tale compito è prerogativa della famiglia. L’enorme differenziazione delle posizioni rende impossibile trattare esaurientemente questo tema, e si rimanda alle voci delle singole confessioni religiose per i necessari approfondimenti.

Educazione sessuale corretta, cioè adatta ad ogni individuo

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Un padre offre consiglio sull’amore al figlio.

Se si dimentica che ogni essere umano è un individuo, che merita rispetto in ogni sua espressione, alla sola condizione che sia rispettata la libertà di tutti, possono insorgere problematiche riguardo all’insegnamento dell’educazione sessuale, frutto di pregiudizio o di rifiuto di chi viene ritenuto diverso o malato. Le lesbiche, i gay, i bisex, e i transessuali (LGBT), (anche se non sempre i ragazzi, data la loro giovane età, si rendono ancora pienamente conto della loro inclinazione sessuale) possono subire azioni discriminatorie, che vanno dal bullismo, alla violenza al rifiuto durante le lezioni di educazione sessuale. I loro problemi possono essere ignorati, talvolta anche per la discrezione o il timore degli stessi ragazzi che non hanno la possibilità o il coraggio di manifestare la loro posizione. Una corretta educazione sessuale prevede spazi anche per questi temi, e la sensibilità di alcuni insegnanti può superare le difficoltà iniziali. In assenza di aperte discussioni, questi giovani, in una fase delicata della loro crescita, se non aiutati correttamente come tutti gli altri, possono subire danni alla loro personalità.

Studi sull’insegnamento dell’educazione sessuale

Il dibattito sulle ragazze-madri e le malattie sessuali ha fatto nascere ricerche sulla reale efficacia dei vari approcci all’educazione sessuale. In una analisi comparativa, DiCenso et al. hanno messo a confronto i programmi di educazione sessuale completa con quelli di sola astinenza. La loro analisi di varie ricerche ha dimostrato che i programmi di sola astinenza non riducono il tasso di gravidanze non volute tra le donne che li hanno frequentati, anzi lo aumentano. I ricercatori concludono: “Ci sono buone prove indicanti che i programmi di educazione sessuale dovrebbero cominciare molto prima di quanto si fa oggi. Dobbiamo investigare i fattori sociali che determinano le gravidanze non volute tramite vaste ricerche su differenti fasce di età a partire dai primi anni di vita e utilizzarle poi nei futuri programmi di prevenzione. Dovremmo esaminare con cura i Paesi con bassa percentuale di ragazze-madri. Per esempio l’Olanda ha uno dei tassi più bassi al mondo (8.1 per 1000 tra le ragazze dai 15 ai 19 anni). Ketting & Visser hanno pubblicato un’analisi sui motivi di tale successo. Questa tavola comparativa mostra le notevoli differenze con altre nazioni:

Un altro modo per verificare se certi tipi di programmi di educazione sessuale sono più produttivi di altri consiste nell’esaminare programmi che funzionano con altri tipi di comportamenti pericolosi negli adolescenti. Per esempio, Botvin et al. hanno trovato che programmi scolastici tesi a prevenire l’uso della droga nelle Scuole Medie inferiori (dodici-quattordicenni) hanno portato a notevoli e durevoli riduzioni dell’uso di tabacco, bevande alcoliche e Cannabis a condizione che vi fosse insegnata una combinazione di tecniche per resistere alle pressioni sociali e di abilità generiche di vita pratica, che fossero ben condotti e che includessero almeno due anni di lezioni periodiche di richiamo. Occorre anche notare che poche iniziative educative e mediche sono progettate tenendo presente i suggerimenti degli adolescenti. Questi hanno suggerito che tali iniziative dovrebbero essere più pragmatiche, con meno enfasi sulla biologia e su tattiche di spavento. Dovrebbero dare più spazio alle tecniche di patteggiamento e di buona comunicazione nelle relazioni sessuali. Inoltre, nomi e indirizzi di cliniche specializzate in sanità sessuale dovrebbero essere visibili nelle zone più frequentate dai giovani, come per esempio le toilettes delle scuole e i supermercati. Una rivista americana, Emerging Answers, pubblicata dalla National Campaign to Prevent Teenage Pregnancy ha esaminato 250 ricerche effettuate su vari programmi di educazione sessuale. La rivista è giunta alla conclusione che “la grande maggioranza dei dati raccolti dimostra che l’educazione sessuale che tratta anche degli anticoncezionali non induce chi vi ha partecipato a più frequente attività sessuale.